di Giacomo Giampieri
Da una parte della baia di Portonovo gli ambientalisti, secondo i quali il ripascimento è inutile, comporta uno sperpero di denaro pubblico e non risolve i cronici problemi di erosione: "L’unica soluzione è l’arretramento delle strutture", dicono. Dall’altra l’amministrazione, che difende la bontà della scelta nell’ottica di tutelare l’ecosistema della perla del Parco del Conero e le esigenze di operatori e fruitori: "Vorrei parlare con loro, magari in un tavolo con i portatori d’interesse e i cittadini. Dico solo che è impensabile ritrovarsi senza spiaggia in piena stagione", risponde in maniera pacata l’assessore ai Lavori pubblici Stefano Tombolini. Ma c’è un’ennesima pagina del caso-Portonovo, scritta ieri dalle associazioni Portonovo per Tutti, Il Pungitopo, Comitato Mezzavalle Libera e Italia Nostra Ancona. Da poco è terminato l’ultimo ripascimento finanziato dalla Regione Marche per circa 225mila euro, ma il risultato "ci lascia perplessi relativamente alla compatibilità ambientale, al materiale di cava utilizzato, alla migliore fruibilità della spiaggia libera". Per gli ambientalisti è importante sottolineare "l’inutilità di questo intervento e quindi il conseguente sperpero di denaro pubblico: di scarsa efficacia, sarà probabilmente annullato dalle prime serie mareggiate e appare funzionale solo ad interessi particolari di breve periodo". Per loro, "non è di questi interventi che ha bisogno Portonovo, bensì di procedere all’attuazione dei piani disponibili da molti anni che prevedono l’obbligo di arretramento degli stabilimenti e delle altre strutture presenti. L’arretramento è l’unica soluzione sostenibile che rende fruibile una maggiore disponibilità di spiaggia naturale e nel contempo mantiene inalterate le potenzialità economiche delle strutture ricettive stesse".
Progettazione da accompagnare "ad una forte diminuzione dei parcheggi e del traffico privato di auto nella baia, per questo riteniamo positiva l’attivazione della nuova ‘Navetta dei borghi’ gratuita". Alle associazioni, contattato dal Carlino, replica serenamente Tombolini: "Un ripascimento necessario. Quel lembo di spiaggia andava ricostruito. C’erano persino strutture con le fondazioni scoperte". E dettaglia: "Le operazioni sono state svolte nel massimo rispetto delle prescrizioni circa la qualità e la scelta dei materiali di cava, il lavaggio fino alla selezione dell’Arpam, il trasporto e la posa. Mi complimento con il dirigente Panariello e gli uffici che hanno lavorato senza interruzione, mostrando enorme professionalità. Cosa rispondo agli ambientalisti? Serva o non serva il ripascimento, la normativa prevede che venga realizzata o una protezione rigida, come le scogliere, o morbida. In quel posto si è sempre scelta la seconda soluzione e si è agito, dunque, con ripascimenti puntuali, anche per consentire l’esercizio delle attività. Comprendo le esigenze ambientali, ma dovevamo trovare una soluzione pragmatica e immediata". Tombolini svela un retroscena: "Di fronte ad un sistema autorizzativo pesantissimo per la tutela del mare e della naturalità, erano sorte perplessità nell’attuare il ripascimento in orario notturno, dalle 22 all’alba, e in piena stagione balneare. Ma non vi erano alternative". Se non quella di ritrovarsi senza spiaggia "se non avessimo agito".