Addetto alla lavanderia dell’ex Umberto I ucciso dall’amianto, la sentenza del Giudice del lavoro di Ancona impone a Regione ed ex Asl/Asur di risarcire moglie e figli con 820mila euro. Una diagnosi di mesotelioma pleurico, legata alla lavorazione del minerale killer (fuorilegge dal 1992), che non gli ha dato scampo e nel giro di un mese dalla scoperta del male lo ha portato alla morte. I casi di malattia professionale si arricchiscono di una nuova, drammatica fonte, stando alla causa risarcitoria intentata dai familiari della vittima, un anconetano morto nel 2017 all’età di 81 anni. Familiari della vittima che si sono rivolti allo studio legale Berti, da anni impegnato in cause legate al contatto diretto o indiretto all’amianto sui luoghi di lavoro da cui sono scaturite pene e sofferenze indicibili fino alla morte: "In effetti la sentenza emessa pochi giorni fa dalla giudice Sbano – spiega l’avvocato anconetano Ludovico Berti – apre uno scenario nuovo rispetto alla questione amianto nei luoghi di lavoro. Negli ultimi dieci anni e più il mio studio ha seguito decine di cause, perlopiù legate a dipendenti dei cantieri navali, delle ferrovie; il caso del dipendente dell’ex ospedale civile introduce una nuova fattispecie e conferma come l’amianto fosse usato in forma massiva ovunque".
Nel caso dell’81enne morto sei anni fa, l’amianto era nell’asse da stiro, nelle tubazioni e in altri macchinari. L’uomo aveva lavorato all’ospedale dal 1982 all’86: "Abbiamo fatto accesso agli atti dell’Asur e avuto la conferma che in quei tempi l’amianto era presente ovunque e il fatto che a quell’uomo fosse stato diagnosticato il mesotelioma è stata la conferma finale sull’esito della causa" aggiunge Berti.
Negli ultimi giorni sono state ben quattro le sentenze di risarcimento danni emesse dal tribunale del lavoro di Ancona. Oltre all’addetto alla lavanderia dell’Umberto I c’è il caso di un 88enne anconetano morto nel 2014 dopo cinque anni di agonia una volta diagnosticato il male, al contrario dell’altra vittima stroncata nel giro di un mese. Aveva lavorato per le ex Ferrovie dello Stato come manovratore dal 1962 al 1986. Un quarto di secolo passato a respirare la polvere prodotta dai ferodi degli impianti frenanti di treni e locomotori, tutti realizzati in amianto, senza dimenticare le particelle prodotte all’interno delle carrozze coibentate col minerale, specie nelle cabine dell’alta tensione. Per la moglie e una figlia la giudice Sbano ha sentenziato un risarcimento di oltre 1 milione di euro, visti i cinque anni di malattia.
Infine due casi risarcitori (seguiti dal giudice De Sabbata) legati ad altrettanti decessi di operai della Fincantieri. Nel primo caso un addetto alle pulizie in appalto e autista di 76 anni morto nel 2020 dopo tre anni dalla diagnosi di mesotelioma, con moglie e prole risarcite per un milione di euro; nel secondo un gruista morto a 69 anni nel 2014 a cui era stato diagnosticato un carcinoma polmonare (esclusa la causa del fumo). La sentenza ha previsto un risarcimento di 1,2 milioni di euro per moglie e tre figli.