MARINA VERDENELLI
Cronaca

Alluvione del 2014, il Coc finisce sotto accusa

Si è aperto a L’Aquila il processo che vede otto imputati: a testimoniare il colonnello dei Forestali Cecchini che ha ripercorso le ore del disastro

La tremenda alluvione del 2014

La tremenda alluvione del 2014

Un Coc non del tutto in regola, aperto con due ore di ritardo e dove risultavano componenti andati addirittura già in pensione. Al tribunale dell’Aquila è partito ieri il processo per l’alluvione del 3 maggio del 2014, a 11 anni dai fatti, e sono emerse le prime irregolarità riscontrate dai carabinieri forestali. La Centrale operativa comunale, il Coc appunto, quella da cui si gestiscono le attività per contrastare le emergenze, non avrebbe funzionato a dovere. A spiegarlo è stato il comandate Simone Cecchini, all’epoca alla guida del Nucleo Investigativo di polizia Ambientale ed Agroalimentare dei carabinieri forestali di Ancona. E’ il primo teste dell’accusa a essere sentito nel processo, dopo il rimpallo di tribunali, dove è rimasto solo il reato di inondazione colposa a carico di 8 imputati tra i quali due ex sindaci, Maurizio Mangialardi e Luana Angeloni. Già dal 2 maggio, il giorno prima dell’esondazione del Misa, era stata data l’allerta gialla ma il Coc non sarebbe entrato in funzione.

Il primo ad arrivare al comando della polizia locale, alle 7.45, è stato un operaio addetto alla protezione civile. "Il sindaco (all’epoca era Maurizio Mangialardi, ndr) è arrivato alle 8.44 – ha detto Cecchini – l’ultimo componente è arrivato a mezzogiorno". In pratica quando c’è già stato il primo morto, Aldo Cicetti e la città era sommersa da acqua e fango. Stando alla relazione del comandate Cecchini è emerso che i componenti del Coc, fatto di nove persone, tre erano andate in pensione e le nomine erano ferme al 2002. Su nove funzioni ben cinque erano delegate a due persone di cui però una era in vacanza e l’altra non sapeva che l’altro era in vacanza. Sulla base delle procedure il Coc doveva aprire alle 5.20, la soglia di attenzione per la fase di preallarme che era stata già raggiunta per il superamento degli argini da parte del fiume. Nessuno però avrebbe guardato la soglia del Misa.

Non c’è stata manutenzione agli argini anche se segnalata presenza di alberi e tante animali negli alvei. Il Misa sarebbe uscito su 21 punti. Già a marzo del 2014 c’era stata una piccola esondazione a Borgo Bicchia dove già nel 1976 il fiume era uscito provocando la morte di una persona. "Fa male quanto riferito dal colonnello Cecchini – ha detto l’avvocato Corrado Canafoglia, che rappresenta 395 parti civili tra familiari dei quattro morti, danneggiati e anche l’Unione Nazionale Consumatori – perché sono fatti conosciuti dal sottoscritto e dal coordinamento alluvionati nell’ambito delle indagini difensive. La verità sta iniziando a emergere".

Marina Verdenelli