MARIO GRADARA
Cronaca

Rimini, il motto di Auschwitz sull’officina. "Nessuno si è mai lamentato"

Il meccanico: "Non sapevo che quella frase fosse legata al lager"

La scritta sulla porta dell’officina

La scritta sulla porta dell’officina

Rimini, 23 gennaio 2018 - «Arbeit matcht frei», il lavoro rende liberi. La sinistra frase che campeggiava all’ingresso principale del lager di Auschwitz, e di vari campi di concentramento nazisti, è comparsa anche a Rimini. La scritta, a caratteri cubitali, fa bella mostra di sè - si fa per dire - sull’ingresso di un’officina meccanica dell’antica via Popilia.

Come mai ha deciso di installarla?

«Perché, qual è il problema?», sorride divertito il giovane titolare, Alessandro Bertuccioli.

Il problema è che quel motto campeggiava sui campi di sterminio, assurto a simbolo universale delle menzogne dei nazisti, consapevoli che i lavori forzati imposti ai prigionieri non avrebbero portato alla loro libertà, ma alla morte, camera a gas, forno crematorio...

«Ah, non lo sapevo, ho fatto la terza media», allarga le braccia Bertuccioli.

Cosa pensava?

«Beh, me l’hanno tradotta, ‘il lavoro rende liberi’: ho pensato fosse una bella frase, ci ho fatto un ingrandimento e l’ho attaccata all’ingresso dell’officina, che ho aperto da un paio di mesi».

Qualche simpatia per i nazi?

«Non sono filo nazista, tra l’altro metà dei miei clienti sono immigrati, marocchini, pachistani, romeni».

Quindi?

«Ne ho di tutte le razze».

Già. Commenti da parte dei clienti?

«Nessuno finora si è mai lamentato, neanche un tedesco che mi ha portato la macchina ad aggiustare. Anzi, un immigrato marocchino si è fatto un selfie sotto la scritta».

Sa che qualcuno ha segnalato la sua insegna?

«Davvero? Forse ho capito chi è stato, gente che non ha un cacchio da fare tutto il giorno».

Quella frase è una ferita aperta nella memoria e nella storia di molte persone.

«Ripeto che non lo sapevo, comunque anche i comunisti ne hanno ammazzata parecchia di gente, più dei nazisti, eppure vanno in giro tranquilli con le loro bandiere».

Tra l’altro siamo vicini al Giorno della Memoria...

«Cos’è?»

La commemorazione delle vittime della Shoah, l’Olocausto degli ebrei, il 27 gennaio.

«Non sapevo».

Sa che c’è chi potrebbe risentirsi per la sua insegna?

«Se fosse così mi dispiacerebbe, io non ho mai fatto male a nessuno. Comunque se dà fastidio la rimuoverò».