Banca Carim, 24 ex amministratori indagati

Accusati di associazione per delinquere finalizzata al falso in bilancio e altri reati societari

La Cassa di Risparmio di Rimini (foto Bove)

La Cassa di Risparmio di Rimini (foto Bove)

Rimini, 19 Febbraio 2015 - Perdite occultate, utili inesistenti ma distribuiti, prestiti facili, azioni vendute a prezzo pieno pochi giorni prima del commissariamento e restituzione dei conferimenti a favore solo degli ‘amici’.

L’ex governance della Cassa di Risparmio di Rimini secondo la Guardia di finanza avrebbe agito per falsare i conti e ingannare parte di azionisti e pubblico. Sono 24 gli ex amministratori indagati per associazione per delinquere finalizzata al falso in bilancio e altri reati societari nell’inchiesta.

Che ha coinvolto per un’accusa minore anche i commissari straordinari di Banca d’Italia, Riccardo Sora, impegnato ora alla verifica di Banca dell’Etruria, e Piernicola Carollo.

Intervenuti in Carim a ottobre 2010, quando fu commissariata, Sora e Carollo sono indagati per indebita restituzione dei conferimenti. «Consentivano - scrive la Procura - l’acquisto da parte di Carim spa di 1.300.000 azioni proprie a un prezzo illecitamente maggiorato», di fatto rendendo possibile l’indebita restituzione di conferimenti nei confronti dei soci.

Nell’avviso di conclusione delle indagini per reati commessi negli anni 2009 e 2010 firmato dal Pm Luca Bertuzzi, si legge che alla governance Carim di quegli anni c’era «un sodalizio criminale» che, «a seguito di elargizione di mutui e di finanziamenti non assistiti da adeguate garanzie, ometteva dolosamente di evidenziare nei bilanci le perdite già maturate da tempo tramite stime e valutazioni palesemente non corrispondenti alla reale situazione del credito».

Tra gli indagati l’ex presidente Carim, Giuliano Ioni, che «così facendo, nonostante l’esito dell’attività ispettiva condotta da Banca d’Italia, indicava in bilancio utili inesistenti, che venivano successivamente illegalmente distribuiti agli azionisti e consentiva altresì l’indebita restituzione dei conferimenti a favore di alcuni soci».

I membri pro tempore del Cda e del collegio sindacale poi «hanno partecipato attivamente e sistematicamente al processo di concessione e/o revisione delle linee di credito concesse da Carim a favore di soggetti o gruppi societari da tempo insolventi». Molti di questi prestiti a causa della crisi economica e dei fallimenti sono diventati perdite e «avrebbero correttamente richiesto una svalutazione dei crediti stessi vantati dalla Carim».

La Guardia di finanza ha invece scoperto che nei bilanci Carim di quegli anni sono state inserite «valutazioni alterate, sproporzionate ed arbitrarie, appostate dagli organi dell’istituto di credito sia nella redazione del bilancio 2009 che nella relazione semestrale al 30.06.2010».

Così al posto di una perdita di oltre 4 milioni nel 2009 compare un utile di oltre 31, e nel primi sei mesi 2010 invece di una perdita di 61 milioni se ne inserisce una inferiore di 32.

Nei conti così addomesticati per la Procura si configura il reato di false comunicazioni sociali e, a tale quadro indiziario, si aggiungono i fatti avvenuti dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di commissariamento Carim quando alcuni azionisti, apprendendo della sottocapitalizzazione della banca avevano venduto le azioni di cui erano proprietari, prevedendo una diminuzione del loro valore, all’epoca fissato in 21 euro circa.

Le azioni poi si sono svalutate a 11 euro l’una e 5 euro dopo l’aumento di capitale alla fine del commissariamento. Tra questi c’è il caso di un ex direttore generale di Carim che due giorni prima del commissariamento avrebbe venduto le sue azioni a 21 euro, a prezzo pieno, dunque limitando le sue perdite.

Le Fiamme Gialle stigmatizzano infatti che «al fine di evitare che il prezzo delle azioni diminuisse eccessivamente, Carim ha proceduto all’acquisto di azioni proprie ad un prezzo maggiorato posto che l’offerta non incontrava più la domanda».