Reggio Emilia, 5 giugno 2014 - Scappati con 80mila euro di affitto e i soldi di tutti gli abbonati. Sigilli alla palestra Motus di via Kennedy. Duemila reggiani abbonati sono rimasti a bocca asciutta.
I gestori della palestra, che offriva abbonamenti a prezzi stracciatissimi (meno di 15 euro al mese) e porte aperte 24 ore su 24 sono, spariti, hanno lasciato i dipendenti senza stipendio, i proprietari dell’immobile con mesi di arretrati dovuti e macchinari acquistati in leasing è abbandonati.
Gli otto dipendenti, regolarmente assunti e poi lasciati nei locali senza stipendio sono inviperiti e da cinque giorni presidiano la palestra, raccogliendo le firme dei clienti per supportare una causa collettiva. A gruppi di tre al pomeriggio, tre alla sera, hanno già ottenuto il supporto di tantissimi ex clienti della Motus che da un momento all’altro hanno visto chiudere la palestra sotto i loro occhi.
I poliziotti sono infatti entrati nei locali sei giorni fa: alcuni sportivi che erano al lavoro tra tapis roulant e pesi li hanno visti arrivare e hanno dovuto liberare la palestra in pochi minuti. Alcuni avevano sottoscritto l’abbonamento annuale solo un paio di giorni fa.
«Hanno smesso di pagare a metà dell’anno scorso — spiega il proprietario cinese che affittava loro l’immobile e che lavora nel Mei Hao, negozio di articoli vari al piano terra, sotto alla Motus — So poco, solo che ci hanno fregati. Gli avvocati li stanno cercando e stanno lavorando per capire come fare, ma le forze dell’ordine che sono intervenute non ci hanno lasciato troppe speranze. Sono stati bravi».
La dinamica ‘del mordi e fuggi’ non è nuova: è la terza palestra in Emilia Romagna che chiude all’improvviso, dopo aver collezionato gli abbonamenti degli sfortunati avventori. Le storie si assomigliano e lo schema fraudolento è lo stesso, è già stato svelato un un servizio delle Iene qualche tempo fa e ha preso in considerazione una palestra, sempre del brand Motus nel perugino. Stessa identica storia, stessi clienti arrabbiati, stessi debiti e domande.
I vertici dell’azienda difendono il format e scaricano le responsabilità sulle pecore nere che prendono in gestione le palestre in franchising, ma le storie simili si accumulano e Reggio è solo l’ultima di una lista che potrebbe allungarsi.
Ambra Montanari
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