Reggio Emilia, 1° luglio 2010. Aquile del Bonelli, gipeti, aquile reali, falchi lanari e pellegrini, capovaccai (i famosi avvoltoi egiziani) e cicogne nere: sono questi i rapaci sequestrati dal Corpo forestale dello Stato nell’ambito di una vasta operazione che ha smascherato e bloccato un traffico illegale di animali protetti esteso a diverse regioni d’Italia e ad alcuni Paesi Europei.

«I 45 esemplari finora sequestrati - si legge in una nota del Cfs - appartenenti a specie rare e a rischio di estinzione, erano stati sottratti nei mesi scorsi dai loro habitat naturali e immessi sul mercato clandestino accompagnati da false certificazioni Cites. I rapaci, usati dai falconieri nelle rievocazioni storiche medievali o nella caccia, sono molto ambiti dai collezionisti di tutto il mondo; un fiorente commercio che cerca di soddisfare le richieste che ancora oggi provengono dai grandi parchi zoologici o dalle scuole di falconeria dei paesi arabi».

Importante il giro d’affari: un certificato Cites riciclato da un esemplare morto veniva pagato anche 2.000 euro, una coppia illegale di Aquile dai 6.000/8.000 euro, fino al triplo - si legge nella nota del Cfs - se sanata con certificati riciclati, un esemplare di Gipeto, con certificato riciclato, arrivava anche fino a 20.000 euro.

Una centrale italiana - si legge ancora - collegata con soggetti in Belgio, Spagna, Austria e Germania dedita da anni a procurare certificazioni false, contraffatte o basate su false dichiarazioni atte a coprire e ‘lavarè animali di cattura e di provenienza illegale, è stata scoperta dagli investigatori.

L’inchiesta è partita, con la collaborazione del Network Traffic del WWF Italia, grazie alle informazioni raccolte a livello territoriale dai suoi collaboratori tecnici dell’Università di Palermo, che da mesi seguivano i movimenti di alcune persone che erano state sorprese mentre si arrampicavano per raggiungere un sito di nidificazione dell’aquila del Bonelli, presso una vecchia miniera di zolfo, con l’intento di razziare piccoli e uova.

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, e coordinate a livello nazionale dal servizio Cites centrale dell’Ispettorato Generale e condotte dal personale delle Sezioni Investigative Cites del Corpo forestale dello Stato di Roma e Palermo, hanno permesso di individuare i soggetti coinvolti nel traffico e i centri dove i piccoli venivano trasportati per essere allevati in cattività.

Circa 50 agenti specializzati della Cites coadiuvati da personale tecnico del Wwf Italia hanno operato simultaneamente effettuando decine di perquisizioni domiciliari contemporaneamente in tutta Italia, presso allevatori e falconieri a Milano, Cuneo, Pordenone, Lecco, Pavia, Reggio Emilia, Bologna, Napoli, Catania, Ragusa e Caltanissetta.

Sono 17 ad oggi le persone indagate per i reati di falso e ricettazione e per detenzione di specie protette che prevede l’arresto da tre mesi ad un anno e l’ammenda da 7.000 a 75.000 euro nonchè la confisca obbligatoria degli esemplari.

Già nel 2005 il Corpo forestale dello Stato aveva salvato dal mercato illegale 250 esemplari di rapaci rari nell’ambito dell’Operazione Condor. L’indagine si era estesa in Austria, Germania, Olanda, Belgio, Spagna e Regno Unito. A conferma delle vaste proporzioni di questo fiorente traffico - prosegue la nota - proprio nei giorni scorsi in Spagna sono stati sequestrati 8 esemplari di Aquila del Bonelli, che in Arabia Saudita possono essere pagati fino a 25.000 dollari ciascuno.
 

L’aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) ed il Capovaccaio (Neophron percnopterus) oltre ad essere alcune delle specie animali maggiormente tutelate dalle normative Cites, sono due delle specie maggiormente a rischio di estinzione nel nostro paese e per questo sono protette anche dalla legge sulla caccia e dalle direttive europee a salvaguardia degli uccelli migratori e dei loro habitat. È la prima volta che l’intelligence sul traffico di specie porta a scoprire nel nostro Paese il traffico di rapaci ricostruendo l’illecito dal prelievo in natura nei nidi sino al ricettatore finale permettendo poi di recuperare dei soggetti razziati che potranno essere reintrodotti in natura«.