ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Imam espulso, i vicini: "Dopo la strage di Parigi, esultava"

Mohammed Madad abitava a Riana di Carpineti: "Lo sentivamo chiamare la figlia Jihad"

L’imam Mohamed Madad, prelevato a Noventa Vicentina, aveva guidato il culto anche a Gatta e a Felina

L’imam Mohamed Madad, prelevato a Noventa Vicentina, aveva guidato il culto anche a Gatta e a Felina

Carpineti (Reggio Emilia), 28 luglio 2016 – «Dopo gli attentati a Parigi, nel novembre 2015, lo incontrai davanti a casa e gli dissi: ‘Hai visto cos’hanno fatto?’. Ma lui agitò le braccia in alto, sorrise e rispose solo: ‘Allah! Allah’». Riana è un borgo di poche case, nella frazione di Carpineti: Mohammed Madad, l’imam espulso dall’Italia su ordine del ministero dell’Interno, abitava qua da sette-otto anni, prima del trasferimento a Noventa Vicentina, avvenuto qualche mese fa, e qui, nell’abitazione al civico 25, tornava spesso: due-tre volte alla settimana, per fare visita alla famiglia, la moglie e i quattro figli piccoli.

Qua tutti si conoscono, e certo Madad non poteva passare inosservato. Barba lunghissima, lunghe tuniche bianche o nere, un carattere «burbero». «Lo sentivo chiamare sua figlia con un nome simile a ‘Jied’...», racconta un anziano. Allora non aveva collegato, ma adesso, dopo i telegiornali, ha capito: l’imam chiamava una delle sue bambine con il nome ‘Jihad’, cioè ‘Guerra santa’. È stupito, scosso chi abita a Riana: sul paese così tranquillo, nel verde delle colline, piomba la notizia di aver vissuto per anni accanto a un uomo espulso dall’Italia perché «potrebbe agevolare le organizzazioni terroristiche». «Incredibile», ci dicono, e hanno paura: non vogliono fare il loro nome. Ma anche qui, nel piccolo borgo dell’Appennino, così come negli altri Paesi europei, l’incubo del terrorismo ha sconvolto la quotidianità, dove non se lo aspettavano.

Sgranano gli occhi, a Riana: eppure avevano capito di aver a che fare con una persona «dai modi duri», non certo alla mano come chi abita in paese. Madad abitava con la famiglia al secondo piano della casa al civico 25. Lo stabile è di proprietà di Romano Mercati (nella foto davanti alla casa): «Sette-otto anni fa il sindaco di Carpineti mi chiamò perché cercava una casa da offrire a una persona che aveva bisogno. Io avevo l’appartamento sfitto e dissi di sì. Da allora il Comune ha pagato il canone alla famiglia ogni mese, 220 euro, fino a oggi. Ma i rapporti con Madad non sono mai stati buoni».

Scuote la testa, Mercati, e la scuotono anche alcuni residenti del borgo. Tra loro saluti a denti stretti: «Parlavano poco. La moglie portava il velo, molto riservata. E anche lui. A volte si sentivano urla dalla casa. Tra loro parlavano in arabo e noi non capivamo». Mercati non nasconde la gioia: «Sono contento che l’abbiano espulso. In otto anni, da quando gli ho dato la casa, non sono mai riuscito a entrare tra quelle mura. In passato gli avevo chiesto di togliere dal balcone le tante scarpe che lasciava fuori, di riordinarlo in modo da poter affittare anche gli altri piani, dove non voleva venire nessuno. Lui era sceso e aveva alzato contro di me un’accetta». Nel borgo hanno visto lui e la famiglia a fine giugno. «Poi sono partiti e non li abbiamo più rivisti». Ora moglie e figli sono in Marocco, dove è stato anche inviato il 51enne.

Dopo il lavoro all’Aia di Bagno, dov’era finito in cassa integrazione, era stato imam a Gatta di Felina fino a quattro-cinque anni fa: qui gli islamici si ritrovavano nei garage di via Gatta ai civici 54 A e B: ora sono chiusi. «Vedevamo tante auto radunarsi qui», raccontano in paese. Poi aveva guidato il culto nella sala di culto a Felina, in via Fratelli Kennedy, a due passi dal cinema Ariston. Circa due anni fa questo ritrovo era stato chiuso e una parte di fedeli ha riaperto, in accordo con il Comune, in via Fontanili. Loro sono giovani che, come i fedeli islamici del Vicentino, lo avevano di fatto allontanato, mostrando insofferenza per il suo modo di intendere l’Islam. Nel simbolo sulla porta c’’è la Pietra di Bismantova dentro la mezzaluna: per loro l’integrazione, per tanti un’utopia, è ancora possibile.