Reggio Emilia, 30 dicembre 2015 - Infinite distese di sabbia costellate di relitti storici e tronchi d’alberi levigati dal tempo. In mezzo, il lento defluire di un corso d’acqua conosciuto da secoli come il Grande Fiume. Ma di grande, in questi ultimi mesi, il Po (foto) ha ben poco. Colpa del global warming che fa sentire i suoi pesanti effetti su tutta la Pianura Padana con smog alle stelle, temperature atipiche ed estrema siccità.
«Il fiume versa in uno stato di notevole magra», segnala Ivano Galvani (Aipo). E le ultime rilevazioni non lasciano spazio a dubbi. Il livello all’idrometro di Boretto (Re) è di -2.84 metri. Una misura agostana. E infatti sono ben tre i metri in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A Pontelagoscuro (Fe) è invece a -5,72. La tendenza è di una ulteriore diminuzione.
Le imbarcazioni sono ferme, attaccate ai pontili. Sono mute le idrovore degli impianti di bonifica. Sull’alveo le persone passeggiano insieme ai loro cani come fossero in spiaggia a Rimini. «La situazione anomala potrebbe avere conseguenze preoccupanti nei prossimi mesi - avverte Galvani -: le falde si stanno asciugando». E poi, sospirando rivolto al cielo: «Speriamo che questa alta pressione ci abbandoni presto. Abbiamo bisogno che la neve cada copiosa sulle montagne e la pioggia riempia i grandi laghi».
I grandi laghi, già. Sono ormai svuotati fino ai tre quarti, su livelli addirittura peggiori dei mesi estivi, con la percentuale di riempimento che va da appena il 27,5% per il lago Maggiore al 35,2% per il lago di Garda, fino al 45% per quello di Iseo.
«È inutile negarlo: i dati sono molto preoccupanti» ammette Mauro Tonello, presidente di Coldiretti Emilia-Romagna. Punta il dito contro un dicembre «senza vento, in cui è caduto il 95% di acqua in meno» rispetto alla media del periodo. E questo, dopo un novembre «con piogge praticamente dimezzate (-49%) ma con punte di meno 80% al Nord».
La siccità si è infiltrata negli strati profondi dei terreni. Oggi «niente è ancora perso», ma non serviranno «solo leggere precipitazioni per recuperare dall’emergenza».
«Il cambiamento climatico non è una lontana minaccia ma una concreta realtà», sottolinea. E spiega come le gemme delle piante siano rigonfiate come in prefioritura: ci sarebbe una grave compromissione dei raccolti in caso di improvvisi abbassamenti delle temperature. Ma intanto nei campi spuntano primule, viole e cresce l’erba come in primavera. Mentre nell’aria mite continuano a volare insetti particolarmente dannosi che una volta venivano abbattuti dal gelo. Per non parlare poi delle nutrie che prosperano «grazie a un inverno che inverno non è più».
Coldiretti ne è certa. Siamo di fronte agli effetti del global warming che si stanno manifestano «con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi». Molto pesanti le conseguenze sull’agricoltura italiana che negli ultimi dieci anni «ha subito danni per 14 miliardi di euro. Le campagne sono in allarme, si teme possano ripetersi i drammi del 2003, 2007, 2012: sono stati catastrofici per la siccità. E questo dicembre non promette nulla di buono per il 2016».
LUCA SOLIANI