GIACOMO PRENCIPE
Cronaca

Gladio Rossa, ecco come si preparava a colpire Reggio Emilia

Desecretato un dossier Cia: 1949, il piano per occupare la città

Valdo Magnani con Aldo Cucchi nel 1951

Reggio Emilia, 27 gennaio 2017 - Più di 3.000 guerriglieri armati fino ai denti pronti a occupare i centri nevralgici della città. Sembra l’incipit di uno dei tanti colpi di Stato nelle cosiddette repubbliche delle banane, ma tutto questo poteva accadere a Reggio Emilia. Almeno secondo la Cia. La Central Intelligence Agency statunitense ha recentemente desecretato 12 milioni di documenti rimasti top secret per decenni. Tutto merito del Freedom of Information Act che ha messo a disposizione di tutto il mondo alcuni “file” al limite della fantasia cinematografica.

Tra questi un dossier datato 5 gennaio 1949 sui movimenti di personalità legate ala sezione reggiana del Partito Comunista, descritto come «un’organizzazione paramilitare» con tanto di stima delle forze e della tipologia di armamenti a disposizione. Viene descritta nei dettagli la divisione della città in sei settori strategici con gli indirizzi dei quartieri generali: quello principale situato nei pressi del municipio, quello dei Gap (Gruppi di Azione Partigiana o Gruppo Arma Proletaria, precisa il documento) di fianco al comando dei carabinieri di corso Cairoli; la squadra “Prima azione” nell’ex caserma dei pompieri e il gruppo “sabotatori ed eliminatori” nelle officine meccaniche Reggiane. Ogni settore, poi, è provvisto di un suo comando con a capo uno degli esponenti del partito, quasi tutti ex partigiani.

Vengono fatti i nomi di Fausto Pattaccini, nome di bataglia “Sintoni” e descritto come comandante dei nuovi Gap, formazioni che durante la lotta di liberazione combatterono in provincia, e Didimo Ferrari, allora segretario dell’Anpi, definito uno dei tre comandanti dell’organizzazione. In questo resoconto da spy story, secondo la Cia, le forze paramilitari del Pci reggiano erano così composte: tremila uomini organizzati in squadre d’assalto e battaglioni di lavoratori nelle Reggiane; 200 uomini della squadra “Prima Azione” nelle officine Lombardini; 150 uomini membri delle Gap e altri 100 combattenti nelle squadre “Sabotaggio ed eliminazione”.

Tutti armati con bombe a mano e piccole armi automatiche. Ecco come, secondo la Cia, era organizzato il piano di assalto nella provincia di Reggio: «L’occupazione include le città circostanti di Castellarano, Casalgrande, Sassuolo e Fiorano. In questa zona i comunisti hanno una brigata chiamata Costrigliano. La loro forza è di 300 uomini armati di granate e piccole armi automatiche. Questa brigata è autonoma.

È comandata da Valdo Magnani (cugino di Nilde Iotti, ndr), sostituto di Domenico Braglia, conosciuto come “Piccolo Padre”, nascosto in quanto preoccupato per un suo arresto». Non solo, nella periferia reggiana «sono stanziate altre brigate da 150 uomini ciascuna» a Sant’Ilario e Bibbiano. Il documento, oltre a precisare che anche le altre città minori della provincia sono organizzate come il capoluogo, si conclude con l’avviso che «grosse quantità di gasolio sono conservate all’interno delle officine Reggiane. Le armi sono conservate nelle buche causate dai bombardamenti» ma, dopo le elezioni di aprile, «sono state spostate e nascoste in montagna». Una storia vera da fantapolitica che aggiunge dopo più di settant’anni altro materiale inedito sul difficile e teso dopoguerra nella provincia di Reggio