Reggio Emilia, 25 agosto 2015 . Mentre tra i soci della Dimora d’Abramo sorgevano dubbi sui crescenti guadagni della coop, che rischiavano di trasformare l’accoglienza in un affare buono anche per i soci attraverso il ristorno degli utili, la stessa cooperativa si imbarcava in operazioni che poco avevano a che fare con lo scopo primario della società, i servizi per l’accoglienza dei migranti e della ‘povera gente’, come ricordato da don Simonazzi nell’ultima assemblea dei soci. Insieme ad altre tre società, la Dimora è entrata in una operazione immobiliare che si sosteneva attraverso 1 milione e 100mila euro di prestito soci. Si tratta del recupero funzionale della ex Polveriera di via Terrachini.
Ecco come sono suddivise le quote del prestito, stando al bilancio della società La Polveriera, che sta realizzando l’intervento di restauro funzionale.
«Nell’esercizio in esame la società ha ricevuto dai soci finanziamenti infruttiferi per il valore di: Consorzio Cooperative Sociali Oscar Romero, 739.200,28 euro; Coress Cooperativa Sociale, 304.251,81 euro; Dimora D’Abramo Cooperativa Sociale: 26.167,59 euro; Ovile Cooperativa Sociale: 30.900,00 euro».
Il recupero della Polveriera è una operazione immobiliare pensata in uno spirito di collaborazione di cooperative sociali reggiane: insieme per crescere. Anche se crescere, a giudicare dalle critiche dei sacerdoti soci della Dimora d’Abramo come don Dossetti, don Simonazzi e don Morlini, non è un fatto di per sé neutro.
E Dimora d’Abramo ha pensato di allargare il suo perimetro anche in altre direzioni: lo ha fatto nell’ambito dell’edilizia ma anche in quello della sanità privata. Benché su tale punto il bilancio della cooperativa contenga poche informazioni, ecco quanto emerge: «Il Consiglio nell’anno 2014 è stato particolarmente impegnato nel seguire gli sviluppi di due importanti partecipazioni societarie insieme ad altri partners del territorio: le società La Polveriera (impegnativo progetto di rigenerazione urbana) e 3C Salute (Poliambulatorio)». Si tratta di un centro «nato sul territorio di Reggio Emilia con l’intento di proporsi come vera e sostanziale novità nel panorama della sanità. La sua funzione è di offrire strumenti di collaborazione al sistema pubblico e un’alternativa non lucrativa nel sistema privato, a vero sostegno di tutti».
E così, mentre la società si allargava nell’ambito delle riqualificazioni urbanistiche e nel settore della medicina privata low cost, qualcosa andava perso nel settore originario di azione della cooperativa, quello dei servizi di solidarietà per l’accoglienza dei migranti. Nell’anno – si legge nel bilancio della Dimora – la cooperativa insieme al Consorzio Romero ha dovuto affrontare una complessa procedura di gara che ci ha visti oggi perdere un importante appalto nel servizio di mediazione (mediazione linguistico-culturale, nell’ambito dei servizi dell’Ausl: importo base 390mila euro, ndr). Perdita del servizio avvenuta a favore di una cooperativa sociale romana che si è proposta senza molte credenziali ma con un ribasso economico improponibile per il nostro modo di fare impresa sociale (ribasso del 35%)».
A leggere la sentenza del Tar, dove la ditta romana si è scontrata con le coop reggiane guidate dal Consorzio Romero, in effetti pare che la presunta insostenibilità dell’offerta degli avversari non fosse fondata. Anche perché, ad esempio, le stime dei costi presentate dai rappresentanti della Dimora si basavano su un monte ore sbagliato. «Non risponde al vero che la prestazione contrattuale consista in un monte ore annuo pari a 14.560 ore», scrive la corte: il totale era di 14.008 ore, 500 in meno.