Ravenna, 4 gennaio 2014 - Nazareno Tarquini l’aveva detto, che non avrebbe mai fatto ricorso contro la decisione dell’Inps di dar corso alla sentenza d’appello e chiedere all’ex lavoratore dell’Anic-Enichem la restituzione dei 62mila euro di benefici erogati a cominciare dal 1993, quando Tarquini andò in pensione. Ovvero quei benefici riconosciutigli in primo grado dal giudice del lavoro Roberto Riverso quale lavoratore esposto all’amianto per oltre dieci anni. Tarquini ha fatto di più. E’ andato in banca, ha raccolto tutti i suoi risparmi, ha chiesto un grosso aiuto al fratello e ha fatto un bonifico all’Inps per 62mila euro.
Spiega Tarquini: "Non volevo aver più nulla a che fare con questa vicenda, non mi andava di vedere la pensione decurtata ogni mese di quasi quattrocento euro. Oltretutto l’Inps, che aveva comunicato di dar corso alla rateizzazione del rimborso a cominciare dal primo gennaio 2014, ha invece anticipato la trattenuta già da dicembre. Basta, io voglio vivere tranquillo. Piano piano restituirò tutto a mio fratello, ma almeno resta una cosa in famiglia".
Tarquini però non ha certo esaurito la vena combattiva e, in attesa dell’esito del ricorso in Cassazione, sta cercando di capire se esiste una quale strada legale per portare in giudizio il perito bolognese che nel breve volgere di pochi mesi e su richiesta, inspiegata, del giudice, modificò del tutto la conclusione della prima perizia in cui aveva riconosciuto Tarquini esposto al rischio amianto per oltre dieci anni, affermando invece, apoditticamente, che il lavoratore, a differenza dei compagni di lavoro, non era stato esposto a quel rischio. L’avvocato di Tarquini chiese al collegio di sentire il perito per chiedere chiarimenti, ma i giudici non ritennero di aderire alla richiesta e annullarono la decisione del giudice Riverso, a danno di Tarquini.
"Com’è possibile che la politica ravennate non comprenda che è suo dovere intervenire per bloccare le richieste dell’Inps a lavoratori che per anni hanno operato in ambienti pieni di amianto e che ora devono restituire decine di migliaia di euro a causa di sentenze d’appello emesse da giudici ostaggi dei periti?"
Il giudice del lavoro Roberto Riverso, fra i massimi esperti italiani sul fronte dell’amianto, non ha peli sulla lingua su questo drammatico tema che coinvolge numerosi pensionati ravennati cui lui stesso, in primo grado, aveva riconosciuto.
Quale il compito dei nostri parlamentari?
"Impedire che questi lavoratori vengano offesi per una terza volta attraverso la coltivazione di una semplice proposta di legge già sperimentata anni fa su iniziativa del deputato Casson. Una norma che sani queste incongrue posizioni e in modo permanente. Un modo anche per restituire pari dignità e diritti a lavoratori che hanno lavorato gomito a gomito con altri che quei benefici hanno mantenuto".
Come si è giunto a tanto?
"Intanto una premessa. Ritengo incostituzionale la legge del 2003 che ha subordinato il riconoscimento dei benefici a chi ha lavorato in ambienti con oltre cento fibre per litro. Con l’amianto conta solo la durata dell’esposizione. I benefici previdenziali sono provvidenze con funzione riparatoria, perchè gli imprenditori non applicarono la legislazione sulle polveri e perchè lo Stato non vigilò. Per questo l’Italia è stata condannata in sede comunitaria".
Poi ci sono le decisioni contraddittorie dei giudici d’appello.
"Già, giudici ostaggi di periti che a volte dicono tutto e il contrario di tutto. E’ irragionevole per un giudice ritenere che un perito possa valutare quante fibre potevano esserci anni prima in un certo ambiente di lavoro. E ancora, quale ragionevolezza c’è nelle decisioni che riconoscono il diritto ad alcuni lavoratori e li disconoscono ai loro compagni?"
Insomma a giudicare è il perito, non il giudice.
"La gestione della legge nel 2003 è diventata un affare per i periti di ogni foggia, ingegneri, chimici, medici legali, anatomo-patologi, anche carabinieri. La perizia è diventata un arbitrio e l’esito è sempre aleatorio".
E l’Inps richiede le somme.
"La normativa italiana già conosce la categoria dell’indebito pensionistico, non soggetto a restituzione. Non possono essere restituite le pensioni sulla base di sentenze poi riformate. Per questo occorre, e subito, una norma analoga anche per i benefici per l’amianto".
Carlo Raggi
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