Jesi (Ancona), 31 luglio 2013 - Così l’avvocato Paolo Tanoni si presenta nell’illustrare l’operazione di ricapitalizzazione di Banca Marche. Ieri pomeriggio sono partite 150 lettere con cui si chiede agli imprenditori che hanno mostrato interesse (non solo marchigiani) di esplicitare la cifra che ciascuno ha intenzione di impegnare. C’è anche una scadenza per la risposta: 5 o 6 giorni.
"Da un mio primo sondaggio — ha spiegato l’avvocato Tanoni — ho avuto riscontri molto positivi. E segnali confortanti che se saranno seguiti dall’interesse del mondo delle cooperative, della Fondazione di Fano e magari di Intesa, nonché dei piccoli risparmiatori, potremo ben sperare". Lui la chiama "la cordata dei cittadini, non solo marchigiani, che abbiano voglia di darsi da fare. Magari potessimo arrivare con questa operazione a 150 milioni, ma anche 100 sarebbero un segnale chiaro".
L’operazione "che nulla ha a che fare con la speculazione, né è in alcun modo legata al nome dell’ex dg Massimo Bianconi" (come invece sostengevano alcuni rumors, probabilmente interessati) non sarà così veloce, Tanoni giudica . In ogni caso si dice fiducioso "per settembre-ottobre".
Intanto il cielo su Banca Marche sembra rasserenarsi: trovata una soluzione per il prestito obbligazionario (55 milioni mancavano all’appello) da reperire entro oggi. Grazie ad un confronto con Banca D’Italia (ieri i vertici erano a Palazzo Koch) e alla presenza di un garante, l’istituto di credito non sarebbe più nelle condizioni di emergenza assoluta.
Se l’attuale patrimonio della banca è di 780 milioni di euro e in circolazione ci sono un miliardo e 250 azioni, il valore potenziale di ciascuna è di 0,65 euro e l’aumento di capitale da 300 milioni (più altri 100 sottoscrivibili in seguito) significherebbe, in linea teorica, emettere 1,6 -1,7 miliardi di azioni al valore di mercato di 0,24 euro.
“Il nostro ruolo — chiarisce Tanoni — è di fare supplenza alle Fondazioni di Jesi, Pesaro e Macerata che non hanno intenzione di sottoscrivere l’aumento. Mancano 180 milioni all’appello. Ma gli imprenditori non faranno i banchieri: ognuno potrà partecipare con un pacchetto da 1 a 5 milioni. Nessuno di noi vuole comandare o controllare la banca. Questo non significa escludere i 40mila azionisti ma sappiamo già che il 60% del capitale, e cioè le Fondazioni, non parteciperanno. Nessun patto di sindacato neanche solo verbale”, assicura il portavoce della cordata. Ma Tanoni che non vuole fare nomi dei capitani di industria interessati (si parla di Francesco Merloni, Adolfo Guzzini, Gennaro Pieralisi, Walter Darini) è chiaro: “Sarà necessario un cambio di governance — aggiunge — e non ci sono asset intoccabili, Cariloreto in primis”.
Domani il Cda prenderà in esame i dati della semestrale, ulteriormente negativi, sembra, rispetto alla trimestrale e dovrebbe approvare il piano industriale contestato dai sindacati che hanno minacciato lo sciopero.
Sara Ferreri
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