Pesaro, 30 agosto 2012 - Un altro milite ignoto da aggiungere alla lunghissima lista di una guerra che solo sulle Alpi ha fatto più di un milione di morti. Un soldato austriaco, caduto sull’Adamello durante la Grande Guerra, e rimasto sepolto lì, in un ghiacciaio a quota 3mila metri, al confine tra Lombardia e Trentino Alto Adige. A rinvenirne i resti, dopo quasi un secolo, un pesarese: Stefano Cristoni, 44 anni, impiegato in un’azienda mobiliera, sposato con un figlio.
“Appassionato della montagna — si definisce Cristoni — soprattutto sotto il profilo storico”. Stregato dai ghiacciai e con una predilezione per gli scenari della guerra di trincea. L’ultima esperienza, una tre giorni sul gruppo dell’Adamello, gli ha regalato una scoperta importante e toccante: i resti di un soldato austriaco nascosti in quelle lingue bianche e grigie che sono per lui pagine avvincenti da leggere d’un fiato. I ghiacciai, ultimi superstiti di antiche ere geologiche, sono giganteschi climatizzatori naturali custodi di reperti. Perché niente meglio del ghiaccio conserva. Fino a quando non arrivano estati come questa a squagliare tutto.
“E’ stata un’uscita mirata — racconta Stefano — insieme a due amici alpinisti bergamaschi, sui ghiacciai del Mandrone e della Lobbia, il 18, 19 e 20 agosto. Da alcuni giorni c’era la segnalazione di un ritrovamento di resti umani nella zona, ma se ne erano perse le tracce. Li cercavano da quattro giorni. E’ toccato a noi riportarli alla luce.
Si trovano sul versante est della Lobbia, sotto la Cresta Croce”. Resti sparsi per almeno 30 metri su un pendio. “Femori, altre ossa, il cranio, capelli, qualche cencio sputati fuori dal ghiaccio vivo (guarda le foto). E poi gli scarponi. Da quelli si è capito che si trattava di un soldato austriaco. Ma l’identificazione è risultata impossibile”.
Non è la prima volta che Stefano si imbatte in resti umani: “Una cosa simile mi era capitata 19 anni fa al Passo Rolle, a quota 2.600”, spiega mostrando l’articolo del Carlino con la foto che lo ritrae insieme al fratello Roberto. Da 25 anni Stefano batte le Dolomiti, “la mia passione”. Con una predilezione per il Lagorai. Reperti? In quantità. “Si trovano bombe a tennellate e poi ogni tipo di equipaggiamento, slitte, guanti, berretti, cappotti, scatolame, borracce, munizioni”.
Lassù, su quelle montagne, nelle trincee scavate nel ghiaccio, quando gli inverni erano feroci e non si scherzava neppure con le altre stagioni, combattevano e morivano i nostri e gli altrui ragazzi. Da onorare con “una croce con pile di sassi e una preghiera e poi un pensiero alla famiglia, che non ha mai saputo né sapra mai”. Un’avventura da ricordare e raccontare con negli occhi l’immagine di un elicottero che sparisce all’orizzonte portandosi via quel che resta di un soldato austriaco.
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