Pesaro, 17 novembre 2010 - Tutto è cominciato nel più comune dei modi. Lui passeggia da solo in centro a Fano, lei si avvicina con una scusa banale: "Sai dove posso ricaricare il cellulare, qui vicino?", "Sì, ti accompagno". "E conosci qualcuno che mi possa dare lavoro come cuoca? Ho un figlio piccolo", "Sì, ho un amico cuoco, ti faccio sapere...". E si sono scambiati i rispettivi numeri di telefono. Quell’incontro di sei mesi fa si è poi trasformato in un inferno per il ragazzo in questione: un giovane pesarese che chiameremo Marco.

 

La donna, nome di fantasia Anna, è una ragazza madre poco più che ventenne che è diventata "una vera persecuzione", stando ai racconti di lui: "E’ ossessionata da me, non mi lascia in pace, mi chiama e mi scrive di continuo, nonostante tra noi — giura — non ci sia mai stato nulla. Anche perché io sono fidanzato e glielo dissi da subito". Marco ha sopportato l’invadenza per un po’, poi ha cercato di prendere le distanze, facendosi negare al telefono quando lei chiamava a casa, e cambiando ben tre schede sim del telefonino. Anna non si fermava, voleva incontrarlo e stare insieme a lui, le lettere e i messaggi nella cassetta postale e incastrate nel tergicristallo dell’auto si moltiplicavano. Finché la situazione è precipitata.

 

"Quella ragazza è pericolosa, mi ha confessato di essere malata di Aids e di avere rapporti con molti uomini, ovviamente ignari della malattia". Lui da questo punto di vista è sereno perché "non abbiamo assolutamente mai avuto rapporti, soltanto un’amicizia", però si preoccupa per i poveretti che lei ha incontrato e incontrerà. 

 

Dà la colpa alla sua buona fede, Marco, alla sua indole, così predisposta ad aiutare gli altri, la stessa che lo ha fatto cadere in un incubo dal quale non vede l’ora di svegliarsi. E c’è dell’altro: Anna alcuni giorni fa ha denunciato Marco, accusandolo di avere picchiato il suo figlioletto di due anni. Poi però ha promesso di ritirare la denuncia se lui fosse corso tra le sue braccia. La querela per maltrattamenti di minore in effetti è agli atti, ma al momento secondo a quanto emerge da fonti investigative, non ci sono i termini per procedere. Anche l’altra mattina, accompagnato dalla madre, Marco si è recato dai carabinieri di Fano per raccontare la sua versione dei fatti.
"E’ assurdo, lei querela me? — continua Marco —. Quella donna è ossessionata, bugiarda, sarebbe capace di inventarsi qualunque cosa".

 

Ci sarebbero diverse persone pronte a testimoniare in favore di Marco, che il giorno in cui sarebbe avvenuta l’aggressione al bambino, in un luogo pubblico a Fano, si trovava altrove. "Gli assistenti sociali dovrebbero seguirla molto di più (Anna al momento si trova in un centro di assistenza, ndr) — aggiunge —. Quella ragazza non sta bene, ma così non mette nei guai solo se stessa. Chi mi conosce sa che non farei mai male a una mosca, figuriamoci a un bambino. Per colpa della sua denuncia ho pure perso il lavoro". Perché Marco non si è rivolto prima alle forze dell’ordine? Non si sentiva forse vittima di stalking? "Sono stato dai carabinieri, ma non l’ho denunciata perché in fondo mi dispiaceva, non volevo metterla nei guai, ha già tanti problemi, e poi perché pensavo che sarebbe diventata ancora più ossessionante. Adesso col senno di poi — conclude — mi dico che avrei dovuto farlo, e se non la smetterà di perseguitarmi lo farò". E’ così che una vicenda apparentementemente banale si è trasformata in una storia di ordinaria follia.