Fossombrone (Pesaro e Urbino), 17 giugno 2015 - Nell’anno secondo dell’era fascista, il 25 maggio 1924, il Comune di Fossombrone, come tanti altri municipi in tutta Italia, conferisce la cittadinanza onoraria al cavalier Benito Mussolini, per acclamazione. Si tratta di un ordine che emana dal Partito Nazionale Fascista, quindi non è che i singoli consigli comunali possano farci granché. Il resto è storia, come si dice.
Il fascismo crolla sotto il peso della guerra perduta (e Mussolini finisce appeso a piazzale Loreto), la monarchia pure, poi arrivano la Repubblica e la Costituzione, poi il lungo regno democristiano; più tardi cade il muro di Berlino e con quello va giù anche la prima Repubblica, senza che sia granché chiaro, a tutt’oggi, se siamo nella seconda. Da allora son passati 91 anni e si sono succedute almeno quattro generazioni, ma quella cittadinanza onoraria fino a lunedì scorso era ancora in vigore. Quel lontano atto di conferimento non è stato mai revocato, nessuno ci ha mai pensato.
Dopodiché, qualche mese fa, Renzo Savelli, comunista non pentito nonché storico puntiglioso della sua città, cercando negli archivi comunali per un suo libro ritrova l’atto che fa del Duce un cittadino onorario forsempronese e si mette subito in moto per provocarne la revoca da parte del consiglio comunale, ciò che è successo nella seduta di lunedì. Presentano la mozione l’assessore Lustrissimini e la consigliera Cipriani, entrambi di Rifondazione: passa col solo voto favorevole della maggioranza, la minoranza è contro.
Renzo Savelli, ma questa revoca non arriva un po’ fuori tempo massimo?
«Tutt’altro. Intanto anche a Torino hanno revocato la cittadinanza, l’anno scorso, e poi basta guardarsi in giro per accorgersi che stanno rinascendo fascismi di varia natura. Non bisogna mai dimenticare quel che il fascismo ci ha lasciato: la guerra d’Africa, l’Albania, la seconda guerra mondiale, i nostri soldati prigionieri in Germania... Dovremmo far finta che tutto questo non sia successo? Che questa revoca non sia arrivata prima, è più che comprensibile. Dopo la guerra erano ben altre le urgenze. Era tutto distrutto, c’era ben altro da fare».
Maurizio Mezzanotti, della minoranza: «Ho votato contro la proposta di Rifondazione perché che revocare la cittadinanza a Mussolini è un esercizio di damnatio memoriae privo di senso, ricorda gli anarco-comunisti della guerra di Spagna che dissotterravano preti e suore per fucilarli. Mio padre, socialista, trovandosi in Grecia nel settembre del ’43 non aderì a Salò e finì in un campo di prigionia in Boemia: mai l’ho sentito cimentarsi in prosopopee antifasciste come fanno i “professionisti della storia”».