Modena, 8 luglio 2016 – L’ospedale di Baggiovara appare all’orizzonte. A poche centinaia di metri ci sono le scuole elementari Montecuccoli. Il via vai dal centro commerciale Conad è costante. Tutto intorno palazzine e luoghi di aggregazione (in primis la polisportiva). Siamo alla ex Terim in via Giardini, azienda di componenti da cucina un tempo gloriosa, fallita da ormai tre anni. Al suo interno i macchinari sono spenti e avvolti dalle ragnatele, ma l’immenso edificio continua ad avere un ruolo ‘pesante’ per l’intero quartiere, un ruolo che inquieta ogni giorno di più: il suo tetto – esteso per oltre 22mila metri quadrati – è per circa metà un concentrato di amianto. Le prime lastre furono installate addirittura cinquant’anni fa all’apertura della Terim, poi nel tempo la posa delle coperture è proseguita, tanto che la qualità e la classificazione del materiale in questione abbraccia un po’ tutte le categorie esistenti. La presenza dell’amianto è noto, ma ad allarmare i residenti sono le porzioni visibilmente ammalorate e rotte.
Ancora più preoccupante che dalla chiusura dell’impresa nessuno abbia più speso un euro per la manutenzione. Gli abitanti di Baggiovara chiedono una bonifica urgente, tanto che a fine novembre fu addirittura fatto un esposto ad hoc. Nei giorni scorsi, poi, la consigliera del Pd, Simona Arletti, ha depositato un’interrogazione per chiedere all’amministrazione lumi sulla situazione. Dalla sua il Comune sta facendo il possibile per monitorare le lastre (vedi articolo sotto), ma nonostante le rassicurazioni la paura è tanta, alla luce di un’area attraversata da un flusso costante di esistenze, bambini compresi. Quando incontriamo i residenti tra le mani stringono la perizia commissionata dall’azienda che classifica in ‘discreto’ il livello di amianto. «Sono state fatte rilevazioni non convincenti, specialmente perché il minerale è già sbriciolato in più punti e risulta crisolito e crocidolite, le sostanze ritenute più pericolose. Per questo chiediamo al Comune che venga fatta al più presto una contro-indagine», tuonano Luisa Mazzoli e Gaetano Pipoli. Al loro fianco Maurizio Borelli, consigliere del quartiere 4: «Mi sono fatto carico delle costanti rimostranze e ne ho informato puntualmente l’amministrazione. La gente è preoccupata e vuole essere rassicurata».
Certo, fare allarmismo sarebbe sbagliato ma lo spettacolo, affacciandosi dalla finestra di una delle palazzine, è impressionante. Una distesa, quella della copertura Terim, che si rincorre ininterrotta lungo tutto lo stabilimento. «Chi ci dice che non stiamo già respirando fibre nocive? – sbottano amareggiati ancora i residenti –. Ci sono bambini che vanno a scuola e frequentano il centro sportivo adiacente, per non parlare di noi che ci abitiamo e i pazienti dell’ospedale. Pericolo o no, quell’amianto va tolto e l’amministrazione deve incalzare la proprietà a farlo». E l’Ausl? «Ancora non si è vista, ma sappiamo che presto dovrebbe fare un sopralluogo».
Con il fallimento e il conseguente subentro del curatore la Terim è di fatto lasciata abbandonata a se stessa, amplificando così la sensazione di una vicenda finita nel limbo. «Dalle informazioni in nostro possesso – aggiungono i residenti – già prima che l’impresa chiudesse non veniva fatto il trattamento dei pannelli sul tetto, quindi sono anni che la copertura non viene presa in carico da nessuno. Abbiamo il diritto di vedere tutelata la nostra salute e risvegliarci ogni mattina con l’amianto vicino casa è una sensazione che non auguriamo a nessuno».