Modena, 21 marzo 2014 - «GLIELO CHIEDO in ginocchio a mia figlia. Vogliamo solamente vedere i nipotini, nessuno vuole fare la guerra, men che meno vogliamo la patria potestà. Non sapevo neanche fosse incinta del secondo figlio, ora ha 4 anni e il bambino non l’ho mai visto». Trascorsi 7 anni dall’inizio del dramma, sono ancora sospesi tra incredulità e dolore i nonni sassolesi Libero e Franca, 69 e 68 anni, accusati di stalking dalla figlia a fine 2012. «Ho preparato un album — sospira Franca mentre mostra foto di famiglia — come testamento per la bambina, così potrà ricordarsi me».

Quindi il secondogenito non lo avete mai visto?
«Non sapevamo fosse incinta, l’ha vista mio marito di sfuggita. Anche la bimba più grande ormai non ci riconosce più, è passato troppo tempo».

Quando sono cominciate le incomprensioni fra voi e vostra figlia?
«Nei primi tre anni della bimba non c’erano problemi, ce la portava in casa, la accompagnavamo a scuola, abitavamo uno di fronte all’altro. Vede questo bigliettino del 2005: mia figlia scriveva ‘tanti auguri ai nostri nonni che ci tengono con tanto amore’».

E dopo?
«La bimba aveva un malessere alla pancia da mesi e io un giorno le ho consigliato di andare dal pediatra. Ha avuto il primo scatto: diceva che eravamo invadenti e pensavamo che lei non fosse capace. Ma io non ho mai pensato questo. Credo sia lei a ritenere che noi pensiamo questo. Poi ci dicevano che davamo alla bimba giochi pericolosi, una bicicletta non adatta, una macchinina elettrica che tra l’altro non ha mai usato».

A quel punto i rapporti si sono incrinati.
«Non potevamo più andare a casa loro, venivano loro a casa nostra. Tante volte ci ha detto che noi la bambina non l’avremmo vista più, poi dopo un mese tornavano. Dal 2007 i rapporti si sono chiusi».

Cos’è successo in quel periodo?

«Una vicina di casa ci ha detto che la bambina piangeva sempre. E io ho chiesto spiegazioni a mia figlia. Lei ci ha respinto, ci ha detto che non l’avevamo mai capita come mamma».

E voi cosa avete fatto?
«Abbiamo interpellato consulenti, con la speranza che le inviassero una lettera di sensibilizzazione. Nel frattempo ci è arrivata una diffida e una lettera terribile nei nostri confronti, in seguito è stato ufficializzato l’allontanamento».

Si parla di troppe insistenze da parte vostra: telefonate, appostamenti, citofonate a tutte le ore.
«Ma le telefonate non erano solo per cercare di ricucire con lei, erano anche per avvertire di un lutto, parlare di lavoro, sempre benevole. Gli sms contestati sono 30 in tre anni, molti dei quali per questioni di lavoro».

Anche quando si sono trasferiti, li avete seguiti?
«Ci siamo accorti dei camion dei traslochi dietro casa e (parla il nonno) ho voluto capire dove andavano ad abitare. Mi sembra normale per un genitore capire dove abita la figlia».

Vi accusano di aver manomesso la macchina per andare voi a prendere la bambina a scuola.
«Ma no, le ho solo aperto il cofano della macchina come deterrente, per provare a fermarla e farla ragionare».

Se volete riconciliarvi, perché avete chiesto la patria potestà dei bimbi?
«Ecco, noi non vogliamo la patria potestà: ci siamo rivolti ai servizi sociali perché vedevo mia figlia nervosa, ci hanno detto di rivolgerci a un avvocato anche se noi avremmo preferito prima una mediazione. Il procedimento è partito e siccome ci sono articoli di legge legati alla nostra richiesta, nostra figlia si è convinta che vogliamo toglierle la patria potestà. Noi vogliamo rivedere i nipotini, chiediamo comprensione, lo chiediamo in ginocchio».

Gianpaolo Annese