Modena, 22 aprile 2016 - «Ho fatto il mio dovere di parlamentare, mi sono speso per le aziende del mio territorio e per fare cambiare un meccanismo della white list che considero troppo penalizzante». E’ un fiume in piena il senatore Carlo Giovanardi (VIDEO) che questa mattina si è difeso tout court dalle indiscrezioni lanciate da L’Espresso, secondo cui sarebbe stato protagonista di ripetute pressioni per fare riammettere la Bianchini nella white list.
«Prima di tutto - dice - va precisato che quando mi sono interessato della vicenda, Augusto Bianchini non era ancora accusato di nulla. Ora c’è un processo e quando si entra nel penale sono il primo a dire che i giudici faranno il loro lavoro.Se ho chiamato Ventura e il prefetto? Certo, perché volevo delle spiegazioni ed era mio compito chiederle».
E sulle interrogazioin parlamentari spiega: «Ne ho depositate per tutte le aziende colpite da interdittiva: oltre la Bianchini anche per la Baraldi e la Cpl. Ho fatto tutto alla luce del sole e se un imprenditore che rischia di fallire si facesse avanti domani per chiedermi una mano lo farei di nuovo». C’è poi la storia del presunto regalo che i figli di Bianchini avrebbero consegnato al senatore. E qui Giovanardi si infuria e parla di calunnie e menzogne: «Io non ho ricevuto mai, ripeto mai, regali da nessuno. I suoi figli sono venuti a trovarmi in ufficio solo per scusarsi di come si era evoluta al vicenda poi nient’altro. Chi ha scritto negli atti della mia ‘inspiegata azione politico-istituzionale dovrebbe vergognarsi, io ho fatto il mio dovere di parlamentare eletto dal suo territorio».
Giovanardi torna più volte sul meccanismo della White List: «Anche il commissario Cantone in un’intervista mi ha dato ragione sul fatto che si tratta di un meccanismo da rivedere. Non è possibile che se un imprenditore ha un lontano parente indagato o condannato sia automaticamente colpito escluso: così si mettono a rischio aziende e posti di lavoro. Se la Cpl si è salvata è grazie alla novità introdotta da me, secondo cui le imprese colpite da interdittiva possono continuare l’attività con un commissario».
Infine una considerazione sulla Safi, l’azienda che si spacciava per accreditata dalla Prefettura per aiutare le imprese a farsi togliere l’interdittiva: «Sono stato io a dare i nomi dei titolari al colonnello della Finanza e al procuratore della Repubblica».