Modena, 13 gennaio 2014 - Anche a Modena la cura dello spirito costa cara. Sono undici, infatti, i religiosi che assistono spiritualmente i degenti negli ospedali di Modena e provincia e che percepiscono mensilmente una retribuzione che va dai 1.300 ai 1.500 euro, messa a disposizione dall’azienda Usl. Lo stabilisce una legge regionale (10/04/1989 n.12), che disciplina l’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle unità sanitarie locali e non riguarda soltanto l’Emilia Romagna. Eppure è pensiero comune che questo tipo di figura presti volontariamente e gratuitamente la sua opera, trattandosi di un sostegno spirituale ed umano che riceve il malato.
A questo punto vien da chiedersi: ma nella nostra provincia chi e quante sono le figure scelte dall’Arcidiocesi di Modena e Nonantola, in convenzione con l’azienda Usl, per svolgere queste mansioni? Partendo dall’ospedale di Baggiovara, sono presenti due assistenti religiosi a tempo pieno, ovvero Don Gabriele Semprebon e Don Carlo. Per quanto riguarda invece il Policlinico, ci sono tre assistenti religiosi a tempo pieno. Spostandosi poi in provincia, troviamo un religioso per Pavullo, Vignola (Don Gaetano) e Mirandola. Per il Ramazzini di Carpi, invece, gli assistenti sono due, più una religiosa part-time. Infine a Castelfranco Emilia, che è in convenzione con l’Arcidiocesi di Bologna, c’è l’anziano assistente a tempo pieno Don Ilario, che vive all’interno della struttura da sempre. Facendo due conti quindi le aziende sanitarie spendono 200mila euro l’anno solo di stipendi (ma ci sono anche le spese per i contributi).
Ma per cosa sono pagati i don o gli assistenti religiosi? Ovviamente per l’esercizio della propria azione pastorale, secondo un orario prestabilito. Il personale, infatti, deve risultare sempre a disposizione nelle ore notturne per i casi urgenti, per i quali non è previsto nel contratto un ulteriore compenso. In concreto, l’assistente svolge in piena autonomia (ma può essere coordinato da sacerdoti, diaconi e laici) le attività dirette all’amministrazione dei sacramenti, alla cura delle anime, alla catechesi e all’esercizio di culto, ovviamente a titolo gratuito nei confronti del fedele.
Il suo ruolo è insomma quello che normalmente i parroci svolgono in chiesa, ovvero benedire i fedeli che lo richiedono, parlare, ma soprattutto ascoltare i degenti e, magari, aiutarli nell’affrontare la malattia, offrire aiuto alle famiglie e gestire le chiesette. Infatti i destinatari risultano tutti i degenti ricoverati nelle strutture, ma anche i loro familiari ed il personale sanitario, quando risulta possibile. Inoltre, a richiesta dei ricoverati, eventuali esigenze terapeutiche non possono, in casi di pericolo di vita, impedire all’assistente religioso di svolgere il proprio ministero. Insomma, un lavoro (e anche faticoso) a tutti gli effetti quello che svolgono religiose e don nei nostri ospedali, ma che porta a chiedersi se, in tempo di crisi, non sia particolarmente esoso, vista la carenza di molteplici beni primari e servizi all’interno dei noscomi. Quel che è certo è che d’ora in poi, chi vedrà aggirarsi tra i corridoi delle stutture ospedaliere «assistenti spirituali», saprò che anche loro, in quel momento, stanno rispettando il loro turno di lavoro.
Valentina Reggiani
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