Modena, 16 settembre 2012 - NEMMENO quest’anno il Festival filosofia ha smentito una delle sue più peculiari caratteristiche. E cioè quella di essere una manifestazione giovane. Non solo dalla parte del pubblico che da venerdì mattina affolla le piazze, ma anche dall’altro lato della cattedra. L’ennesima dimostrazione di questa peculiarità la si è avuta ieri pomeriggio a Carpi quando, in piazzale Re Astolfo, al tavolo rosso si è seduto Diego Fusaro, 29 anni, ricercatore e docente di storia della filosofia presso l’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Fusaro è in assoluto il più giovane tra i filosofi che hanno tenuto lezioni in tutte e 12 le edizioni del festival. La sua riflessione (inserita nell’ambito del ciclo ‘La lezione dei classici’), si è incentrata sul ‘Capitale’, di Marx, autore del quale il giovane filosofo è specialista.
Fusaro, cosa si prova ad essere il più giovane tra i filosofi che hanno calcato le piazze del Festival?
«E’ emozionante. Per me è un bellissimo riconoscimento e non può che farmi piacere. Spero di esserne all’altezza. Ma su questo saranno gli altri a giudicare».
Lei si soffermerà sull’opera più celebre di Marx. Qual è l’importanza di questo autore, anche alla luce della crisi di questi anni?
«Riscoprire Marx significa riscoprire il capitalismo come problema. Col crollo inglorioso del socialismo reale, il capitalismo si è imposto come unica realtà possibile. Al contrario Marx ci segnala che in questo sistema imperfetto, qualcosa continua a mancare. La sua è una promessa di felicità».
Un autore ancora attuale quindi...
«Attualissimo. Premesso che non si può leggere il mondo con le soli lenti interpretative marxiane, va detto che oggi chi rinuncia preventivamente a questo tipo di indagine è votato alla cecità. Da più parti si continua a ripetere che è un autore inattuale e superato. In realtà è uno dei pochi che ha affrontato una questione che tuttora rappresenta il nostro problema fondamentale».
Restando in tema di capitalismo e crisi, come vede l’attuale condizione dei suoi coetanei?
«E’ una situazione tremenda. La logica del capitalismo si mostra nella barbarie della schiavitù salariale. Logica di cui fa parte anche il precariato, che è una condizione del nostro tempo. Oggi tutto è precario perché il futuro come luogo di aspettative e progettazione si è esaurito. Il capitalismo lo ha rimosso e sostituito con un presente votato esclusivamente alla produzione».
Come se ne esce?
«Marx ci aiuta a svelare la non definitività del capitalismo. Dalla riflessione marxiana si può inoltre evincere come spread e titoli di borsa esistano solo nella misura in cui noi stessi li abbiamo prodotti. In questo senso solo noi possiamo cambiare le cose e ‘riaprire il futuro’. Siamo ad un tempo il problema e la soluzione».
Che consiglio si sente di dare ai ragazzi?
«Consiglierei di resistere alle ideologie dominanti che ci dicono che il mondo deve essere accettato così com’è. In secondo luogo — ride — di iscriversi a filosofia».
Nonostante la complessità dei temi trattati, il Festival filosofia è sempre stato una manifestazione giovane. Perché secondo lei?
«I ragazzi, per loro natura, sono portati a guardare avanti e hanno voglia di riappropriarsi del proprio futuro. E questo è uno dei compiti della filosofia. Questa kermesse ha proprio il merito di portare la filosofia alla gente e ai giovani, facendola uscire dalla sua torre d’avorio. Dove purtroppo troppo spesso ci si parla soltanto addosso».
Federico Malavasi
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