Matelica (Macerata), 1 giugno 2014 - «LO VEDE? Il sangue sgorga dal mignolo del piede destro. Sì, là, quel rivolo che viene giù. Sulla mano sinistra, anche. Non c’era, prima. Sicura. Sono qui tutti i giorni». Silvana prega, inginocchiata devotamente davanti alla ‘sua’ beata Mattia, chiusa in una teca di vetro che sigilla anche il nuovo mistero. Un sanguinamento dalle ossa (guarda le foto), protette da una sagoma di plastica, chiuse in un’urna del Settecento. Fenomeno inspiegabile, al momento.

MATELICA, nell’entroterra di Macerata, è in subbuglio. Quasi come ai tempi di Enrico Mattei, la sua celebrità più nota, che da Acqualagna si trasferì qui — il babbo era ufficiale dei carabinieri — e qui è sepolto. L’uomo dell’Eni era un devoto della beata Mattia, custodita nella chiesa di Santa Maria Maddalena e amatissima dalla gente. Nessun fenomeno di isterismo, però. Semmai una richiesta continua di discrezione. «I miracoli ce li teniamo per noi», è schietta Giuseppina Gubinelli (intervista video), commerciante in centro, appesa in negozio l’immagine della beata e nel cassetto una reliquia. «In casa ci hanno sempre parlato di lei — racconta con trasporto —. Ci ha aiutato in ogni momento. Nella guerra, nelle malattie. Noi le vogliamo bene. Per noi è già santa. Per noi quello è sangue. E non è la prima volta che accade». Era già successo nel 72. Sotto la teca la gente ha lasciato tanti bigliettini piegati, sono le suppliche. Però il vescovo di Fabriano e Matelica, Giancarlo Vecerrica, è prudente: «Il fenomeno per ora non è chiaro. Analisi sulla sostanza? Al momento non c’è motivo. Il Signore ci farà capire. I miracoli li fa solo Dio. Per me è tutto com’era prima». La badessa, suor Rosaria, ormai neanche si affaccia più in parlatorio, per il timore di incontrare giornalisti. Le clarisse, padrone di casa qui, danno udienza solo ai fedeli, a quelli che chiedono colloqui o reliquie benedette. «Perché noi non vogliamo commercio di souvenir — dice chiaro Gubinelli —. Di queste cose devono occuparsi solo le nostre suore». Giancarlo Galeazzi, volontario della Pro Loco, è scettico: «Ci andrei con i piedi di piombo».

DISCREZIONE, pudore. Si vedono tanti ragazzi, che arrivano anche da fuori. Dalla Campania ad esempio, perché è napoletano l’ultimo miracolato. Clorinda e Luigi hanno 29 e 26 anni, sono di Torre Annunziata e vengono qui almeno una volta all’anno. «Chi parla di trovata — dice lei — non conosce le suore». Nessun segnale buono o cattivo da cercare, «è sempre una manifestazione del Signore. Qualcosa di inspiegabile». Lui: «Per me quello è sangue ed è il segno che lo spirito della beata è ancora presente». Lei: «I miracoli li fa solo Dio, per intercessione dei santi. Non vado da padre Pio perché ha avuto le stimmate. Ci vado perché credo».

ARRIVANO due frati di Assisi, «siamo di passaggio». Entra una comitiva di nigeriani. Silvana Friuli (intervista video) era dai parenti a Iesi «ho letto di questa cosa, una persona cara sta male. La coincidenza mi ha fatto pensare. Sono qui, anche se non sono una praticante...». Piange: «Spero, spero, spero...». Elisabetta Magnapane vive in un paese vicino, ha 35 anni e fa l’impiegata. S’inginocchia davanti all’urna con il rosario. Cosa cerca? «Qui raccogli te stesso, chiedi conforto. Ti risani dalle avversità. Tanti miei colleghi dicono: è una trovata delle suore... Io rispondo: no. La fede è un dono. Rifarò il pellegrinaggio Macerata-Loreto. Mi ha cambiato la vita. Per me la beata che sanguina è un richiamo, un sollecito a farle visita. Ci dice che lei è presente. Invece qui spesso la chiesa era vuota. Ora no, vede?». Un piccolo miracolo c’è già.

Rita Bartolomei