Macerata, 29 ottobre 2016 - Ha 102 anni ed è di Pieve Torina Anna Rocco De Paolo. Sta su una carrozzina e racconta che, la notte del 26 ottobre, era l’unica rimasta, con la sua badante, in un borgo devastato, dove non c’era più nessuno. È una dei quasi mille sfollati maceratesi, sistemati a Porto Sant’Elpidio.
«Abitiamo vicino al Comune – racconta l’anziana –. Mercoledì, intorno alle 19.15, abbiamo sentito un rumore, ma poi è passato e non ci abbiamo pensato più». Alle 21.18, la terra è tornata a farsi sentire, sconquassando le abitazioni, compresa quella della 102enne. «Credo che Dio abbia fatto un miracolo – aggiunge –. Intorno a me era tutto crollato, ma il soffitto della camera ha retto. Ero salva». L’hanno tirata fuori i vigili del fuoco, il giorno dopo, per caricarla sul pullman che l’avrebbe portata a Porto Sant’Elpidio. Parla poco ma non stacca gli occhi dal televisore della stanza del residence Holiday, dove trasmettono notizie dalle zone del sisma. Dalle zone di casa sua.
Nel residence si incrociano persone anziane, bambini, mamme. Gli altri sono partiti, di buon mattino, per tornare a Pieve Torina, Pievebovigliana, per tenere d’occhio i loro averi o quel che ne resta. «Vogliamo tornare su, vedere com’è la situazione» dicono Luciano Mauri e Augusta Zampetti, 75 anni lui, 72 lei: «Abbiamo un supermercato a Pieve Torina, vicino alla chiesa». Avevano sentito la prima scossa, mentre erano al lavoro. Speravano finisse lì.
«Poi è arrivata la seconda, devastante – aggiungono –. La nostra casa è stata distrutta. Siamo riusciti a prendere un po’ di roba e siamo venuti via. A Pieve Torina c’è nostra figlia, col marito e i tre bimbi piccoli. Loro dormono in macchina. Si erano intestati la casa nuova giusto due giorni fa. Adesso è tutta lesionata e non possono rientrarci. Qui stiamo benissimo – concludono – ma avremmo preferito venirci in vacanza. Non così». Era antisismica la casa di Federica Romagnoli, arrivata in città con marito e figlie di 7 e 11 anni: «La casa è rimasta in piedi, da fuori sembra in buone condizioni, ma all’interno, i muri sono scoppiati – racconta –. I lividi al braccio me li sono procurati mentre mettevo in salvo le bambine passandole dalla finestra». Dopo la prima scossa, erano usciti tutti di casa «ma alle 20,30 abbiamo deciso di rientrare. La più piccolina delle figlie non voleva rientrare, non si toglieva neanche il giubbino».