Macerata, 31 agosto 2013 - MACERATA capitale della massoneria. A rivelare questo ruolo di primissimo piano per la provincia è il super pentito Antonino Lo Giudice, il boss della ’Ndrangheta che ha terremotato la procura di Reggio Calabria.
Come riportato nei giorni scorsi, Lo Giudice, 54 anni, soprannominato «Nino il nano», era a capo di una temutissima famiglia della malavita calabrese. Nel 2010, decise di pentirsi, rivelando le sue e altrui responsabilità in merito ad alcuni attentati attuati ai danni della magistratura reggina. Da allora è stato messo sotto protezione, con un falso nome, proprio a Macerata. Qui il boss avrebbe vissuto, cercando di non dare nell’occhio, per evitare che i suoi ex compari della ’Ndrangheta potessero rintracciarlo e fargli pagare le accuse mosse contro di loro.

Ma all’improvviso, il 5 giugno, Lo Giudice è scomparso nel nulla. La procura di Macerata ha aperto un fascicolo, e l’anticrimine della Questura ha avviato — con la massima discrezione possibile — le ricerche. Finora senza risultati. Dalla sua scomparsa però il calabrese, clamorosamente, si è pentito di essersi pentito, e non solo ha ritrattato le dichiarazioni, ma anche accusato alcuni magistrati di Reggio Calabria di avergliele estorte, quando non di averle inventate. Lo Giudice ha inviato a giornali e avvocati una serie di dossier con le sue memorie, dove fa anche tante rivelazioni di vario tenore.

Tra queste, anche quelle sulla massoneria maceratese. Il boss racconta di aver saputo, da un altro pentito che era in carcere con lui, che esiste una grossa e pericolosa organizzazione massonica criminale; le centrali operative di questa associazione sarebbero Vibo Valentia, un centro non identificato della Sicilia, e poi Macerata, dove lui racconta di avere vissuto anche bene, e dove sostiene che avrebbe il cuore questo pericoloso movimento. Riscontri, alle sue parole, non ne indica. Ma fa una serie di nomi di personaggi che sarebbero legati a questa associazione. Il suo amico pentito gli avrebbe detto che, alla procura, gli avrebbero vietato di rilasciare dichiarazioni scritte sulla massoneria, ma a voce il detenuto gli avrebbe detto tutto.

QUANTO c’è di vero sulle affermazioni di Lo Giudice? Tutti i suoi dossier, secondo gli inquirenti che li stanno esaminando, conterrebbero verità mischiate a menzogne, una serie di messaggi cifrati destinati a qualcuno in grado di interpretarle facilmente. Questi dossier sono ancora datati Macerata, il primo aveva anche il timbro postale di Ancona, ma ormai è lecito pensare che Lo Giudice se ne sia andato da qui, con la speranza che non vengano a cercarlo i soggetti poco raccomandabili che frequentava fino a qualche anno fa.