Imola, 29 aprile 2014 - Anche il Comune di Imola si costituirà parte civile nel processo Black monkey, che si riapre oggi a a Bologna. Si tratta del più importante procedimento giudiziario per associazione a delinquere di stampo mafioso mai istruito in regione, con 13 imputati per il 416 bis e altre dieci persone alla sbarra con accuse di vario tipo.
A capo dell’organizzazione, secondo i magistrati, il boss Nicola ‘Rocco’ Femia, ritenuto legato alla ‘ndrangheta. Per l’accusa, era lui alla guida di un sistema criminale dedito alla gestione del gioco d’azzardo illegale on-line e al traffico di slot-machine truccate.
La decisione è stata presa dalla giunta, alla luce di quanto emerso dagli atti della Procura: oltre al pestaggio dell’operaio marocchino che ha dato il via alle indagini dei carabinieri, infatti, il nostro territorio è stato teatro di altri episodi che potrebbero portare a condanne. Su tutti, l’estorsione ai danni di un’attività commerciale che opera nel settore (i fatti risalgono al 2009-2010) e un caso di corruzione avvenuto all’interno dei confini cittadini, ma con protagonisti non imolesi.
«È una scelta nata in collaborazione con Libera (associazione antimafia, ndr) e crediamo che sia coerente con l’attività e l’impegno che questa amministrazione porta avanti sul tema della legalità – spiega l’assessore al Commercio, Elisabetta Marchetti –. La riteniamo una decisione importante e doverosa. È un segnale che va nella direzione dell’impegno contro le infiltrazioni mafiose».
Questa mattina si saprà se i giudici accoglieranno la richiesta. Oltre al Comune, intenzionato a chiedere danni di immagine ancora difficili da quantificare, attendono un responso anche la presidenza del Consiglio dei ministri, i dicasteri dell’Interno e della Giustizia, Sistema gioco Italia (Confindustria), la Provincia di Modena e il Comune di Massa Lombarda. Già approvate, invece, nelle udienze preliminari, le istanze della Regione dell’Ordine nazionale dei giornalisti e del cronista Giovanni Tizian, così come quelle di Libera e di Sos Impresa Confesercenti.
Le accuse vanno dalla gestione del gioco illegale alla commercializzazione di apparecchiature da intrattenimento contraffatte, estorsione, sequestro di persona e truffa erariale attraverso l’intestazione di società e beni fittizi. E le indagini, nel corso delle quali sono stati confiscati all’organizzazione beni pari a 90 milioni di euro, sono partite proprio da Imola. È qui infatti che all’inizio del 2010 un operaio marocchino, residente in città, era stato sequestrato in auto e pestato da tre appartenenti al clan in prossimità del casello della A14. All’origine dell’aggressione, un debito di circa 6mila euro legato al gioco e alle scommesse clandestine. Dopo le botte, l’operaio aveva avuto il coraggio di denunciare i tre, fornendo elementi per identificarli.
Enrico Agnessi
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