Forli, 4 maggio 2011 - Hanno travasato tutti i dati: in procura dicono che è il classico «atto dovuto». Il cervello del computer portatile in uso al sindaco Nevio Zaccarelli — di proprietà del Comune di Bertinoro — è stato rovesciato dai poliziotti in una chiavetta digitale, un prodigioso mini-schedario capace di custodire virtuali tonnellate di dati.
Che adesso è nelle mani di Nicola Buffadini, ingegnere informatico incaricato dal sostituto procuratore della Repubblica di Forlì, Filippo Santangelo, di decrittare le migliaia di file di quella chiavetta. Ma soprattutto l’esperto della pubblica accusa dovrà togliere il velo alle altrettante migliaia di tracce telematiche copiate dai computer dei cinque tecnici e funzionari comunali del Colle indagati per peculato e abuso d’ufficio. Il sindaco Zaccarelli risulta invece estraneo all’inchiesta. Per lui, assicurano gli investigatori, il calco dei dati dal pc portatile in sua dotazione è stato «semplicemente un atto dovuto». (Quel computer, dicono fonti giudiziarie, l’avrebbero utilizzato in tanti, lì in Municipio).
Uso scriteriato, ossessivo, di facebook e del suo prevalente spirito gossipparo durante l’orario di lavoro? Ansia da chat? Non solo. Il fortilizio dell’indagine appare invalicabile. Gli inquirenti, coordinati dal dirigente della Mobile Claudio Cagnini, a taccuini aperti s’ingegnano in dribbling inesorabilmente smarcanti. Alcune fonti investigative gettano però l’amo: la pista di facebook sarebbe marginale. Gli indizi in mano agli inquirenti porterebbero altrove. Porterebbero a ‘eMule’, il mulo delle rete globale, il sito da cui gli scaricatori del web agguantano film e videoclip per piazzarli — più o meno lecitamente — sul loro computer. Cosa c’è in quei filmati che sarebbero stati scaricati dai cinque tecnici indagati (tre donne e due uomini, due dei quali non lavorano più a Bertinoro)? Stando ai bene informati della procura, molte tracce porterebbero a siti pornografici.
Il lavoro dell’ingegner Buffadini — anche lui in Comune venerdì scorso per il sequestro e l’acquisizione delle memorie digitali — si profila lungo. Si ipotizzano almeno un paio di mesi di traduzione, interpretazione, certificazione di quel torrente di dati. Un flusso incontenibile nato da un’indagine collaterale scaturita un paio di anni fa. A finire nei guai, quella volta, fu un messo comunale del Colle. Accusato di peculato, la vita professionale dell’uomo venne scandagliata dagli agenti della Forestale. Soppesando i dati del suo computer, i poliziotti ‘verdi’ s’imbatterono in una sequela di file paralleli, rimbalzati lì da un’altra sorgente. Altri computer. Con altre password: codici d’accesso segreti targati con altri nomi, altri cognomi. Quelli dei cinque tecnici e funzionari ora finiti nel mirino della Squadra mobile: scaricavano film porno durante l’orario di lavoro? Risponderà l’inchiesta.
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