Ferrara, 13 ottobre 2010 - La Filctem-Cgil di Ferrara lancia l’allarme sul “quasi distretto” costituito dalla miriade di piccole imprese artigiane che operano nel campo della subfornitura e del lavoro in conto terzi per le grandi aziende tessili. Ad accendere i riflettori su questo comparto è Marco Corazzari, della segreteria Filctem-Cgil provinciale.
A Ferrara le imprese della subfornitura e del conto terzi rappresentano “quasi un distretto”, sottolinea Corazzari, in cui tra l’altro è impiegata manodopera al 90% femminile. Per Corazzari, però, i numeri parlano chiaro: nel 2000 le piccole imprese di questo tipo (escludendo quelle individuali) erano 265 per un totale di 2.181 dipendenti, nel 2005 si passa a 186 imprese per 1.372 dipendenti e nel 2008 a 161 imprese con 1.100 dipendenti.
Non solo: il funzionario della Filctem rileva anche che dieci anni fa su 40 nuove imprese quelle con denominazione cinese erano dieci, nel 2005 il rapporto è salito a 56 su 86. Un po’ “come a Prato”, commenta Corazzari: “Mentre chiudono le aziende del tessile tradizionale aprono quelle di denominazione cinese”. Per la Filctem, dunque, il “quasi distretto” sta sparendo: al di là delle chiusure effettivamente registrate, “le aziende che ci sono lavorano sotto costo e non chiudono solo perché per farlo ci vogliono i soldi”, spiega Corazzari.
Infatti, aggiunge il sindacalista, sono diversi i casi in cui, quando la chiusura arriva, si scopre che l’azienda non riesce a liquidare il Tfr dei lavoratori: “Sono anni che non accantonano più”, afferma Corazzari. Infine, la Filctem ferrarese parla di una vera e propria “esplosione” del lavoro nero: dovuta non solo ai lavoratori di origine straniere, avverte Corazzari, ma anche a tante donne italiane che, finite magari in cassa integrazione, continuano a lavorare in maniera sommersa per arrotondare.
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