Marotta (Pesaro), 25 giugno2015 - Racconta una ‘Vita su quattro ruote’, Nadir Malizia, 38enne, diversamente abile dalla nascita, originario di Cremona e da un quinquennio residente a Marotta. Si intitola proprio ‘Vita su quattro ruote’ il libro, autobiografico e non solo, disponibile dall’11 maggio, che questo giovane, da sempre sulla sedia a rotelle, ha dato alle stampe grazie alla casa editrice ‘C’era una volta’ di Roma, la quale ha fortemente creduto in lui.
Centootto pagine, divise in 16 capitoli, in cui, innanzitutto, l’autore tocca il tema della disabilità, affrontandolo a 360 gradi, da un punto di vista personale e sociale.
Nadir, prima di parlarci del suo libro, ci dica di lei...
«Sono nato nel ’76 e non ho mai camminato per colpa di una sofferenza fetale dovuta al distacco della placenta».
Un’infanzia difficile?
«No. Nonostante il mio problema sono stato un bambino sereno, che ha fatto tante cose: nuoto, equitazione e molte altre attività».
Un bambino sereno… e poi da grande?
«Lo stesso. Ed è per questo che ho deciso di scrivere il mio libro. Per inviare a tutti un messaggio positivo. La disabilità non deve spaventare; possiamo e dobbiamo vederla, invece, come un trampolino di lancio. Scrivere di me non è stato facile, tuttavia ho ritenuto che fosse importante far conoscere il mondo della disabilità sotto un’altra ottica, lontana dai pregiudizi che ancora emergono nella nostra società».
Lei è un giurista, vero?
«Sì, mi sono laureato ad Udine. Ho una specializzazione in diritto internazionale dell’Unione Europea. Anche questo è un piccolo esempio che un diversamente abile può fare di tutto. Sa una cosa? La verità è che siamo tutti uguali con le nostre diversità».
Quali altri temi affronta nel suo libro?
«Bé, gliene dico un altro, anche questo autobiografico: l’omosessualità. I mass media parlano molto di omosessualità fra normodotati, ma non dei casi in cui uno dei due o entrambi hanno una disabilità. Nella mia vita ho conosciuto diversi ragazzi diversamente abili omosessuali che erano di una tristezza infinita. Dicevano: ‘Già la società non ci accetta perché abbiamo un handicap, figuriamoci se sanno che siamo anche omosessuali’. Ebbene, io voglio lanciare anche qui un messaggio positivo, che non deve diventare, però, ostentazione. Perché un’omosessualità ostentata equivale a volgarità».
Se le chiedessi una definizione di se stesso cosa direbbe?
«Mi ritengo una persona uguale alle altre nelle mie diversità, che cerca nel suo piccolo di essere utile al prossimo, senza chiedere nulla in cambio».
Bella definizione, che aumenta il desiderio di leggere il suo libro. Dove si può trovare?
«Si può ordinare all’indirizzo di posta elettronica C1Vedizioni@gmail.com, oppure sul sito o nelle librerie della Feltrinelli. Chi lo farà potrà scoprire un uomo che vuole essere trattato come tale e non in funzione delle sue quattro ruote».