Fano, 23 ottobre 2017 - Lui è Athos Rosato, settant’anni, fanese e molte vite alle spalle. Tra le tante, anche quella di mozzo nel peschereccio ‘Ferruccio Ferri’ che impigliò nella rete l’‘Atleta vittorioso’ meglio noto come il Lisippo. "Me lo ricordo bene. Era luglio del 1964. La mia parte è stata di 120 mila lire. Mia mamma ci ha pagato tutti i debiti".
Come ci faceva in quella barca?
"Avevo 15 anni, e facevo il mozzo. A casa non c’era da mangiare. Andavo per mare con la ‘Ferruccio Ferri’. Quando abbiamo issato la statua a bordo, sono stato io a toccarla per primo. Ho pensato ad un morto. L’abbiamo messa a poppa. Pesava settanta-ottanta chili, era tutta coperta di ostriche e fanghiglia. Le mancavano i piedi, ma il fondo delle gambe luccicava perché si erano appena staccate dal basamento".
Cosa avete pensato di avere per le mani?
"Eravamo tutti ignoranti, non pensavamo niente se non che si poteva vendere a qualcuno e ricavarci dei soldi. Come si faceva con le anfore che pescavamo. L’equipaggio si divideva la vendita, prendendo otto parti. Solo due andavano all’armatore. Col pescato invece si divideva a metà. Il Lisippo l’abbiamo anche scheggiato sopra l’ombelico con un pezzo di ferro. Volevamo togliere le alghe. C’è ancora adesso il segno. Quando sono andato a Malibù a vederla, ho riconosciuto la raschiatura".
Dopo la pesca, cosa avete fatto?
"Abbiamo messo la statua in piedi, appoggiata, davanti alla ghiacciaia. Ma il rientro in porto, invece di farlo alle cinque di mattina, l’abbiamo fatto alle 2, insomma prima del solito per non dare nell’occhio. Qualcuno ha portato un carrettino e noi abbiamo scaricato il Lisippo mettendolo steso, coprendolo con delle reti rotte. Mentre scaricavo il pesce, qualcuno altro ha portato il Lisippo a casa di Valentina Magi, l’armatrice. L’hanno messo sul retro di casa, sotto le scale. Io poi non ho saputo niente fino a tre mesi dopo".
Cosa le hanno detto?
"Mi ha chiamato mia mamma, perché ero imbarcato in una piattaforma, per dirmi che avevano ‘venduto la pupa’, e mi avevano dato la mia parte: 120 mila lire, la metà che hanno preso gli altri solo perché ero il più piccolo. Con quei soldi, mia mamma ci ha pagato tutti i debiti".
Quando è tornato a casa, ha parlato con Pirani e gli altri marinai della barca?
"Sì, certo. Avevano fatto anche le fotografie della statua. L’avevano offerta all’edicolante vicino ai vecchi capannoni della carnevalesca, adesso non c’è più lui, e poi anche ad un noto artista della tv di quel tempo che veniva ogni tanto a Fano che disse di no, che non gli interessava. Poi è capitato Barbetti di Gubbio che aveva casa a Fano. Lo hanno portato a Carrara, dove l’avevano sotterrata. Era notte ma lui ha sentito solo il naso e ha detto che era un Lisippo. E gli hanno detto di portarlo via. L’ha pagato 3 milioni e mezzo di lire".
Si è mai sentito in colpa per non aver denunciato il ritrovamento del Lisippo?
"Io no, avevo 15 anni ed ero senza una lira. Ma a conti fatti sta meglio a Malibù. Qui chissà dove sarebbe finito".