Porto Recanati (Macerata), 31 maggio 2014 - Calci e pugni a più non posso, anche in pieno giorno e sotto gli occhi di molte persone che non hanno avuto il coraggio di intervenire. La vittima, l’ennesima, è una giovane madre portorecanatese che oggi, nonostante la paura, racconta il calvario che sta vivendo in silenzio da anni. Il carnefice è l’ex compagno e padre del figlio.
«Questo è l’ultimo episodio di cui sono stata vittima — racconta in lacrime la giovane mamma, tutta piena di lividi, attualmente chiusa in casa per la vergogna —. Sono anni che cerco di mantenere un rapporto decente con il mio ex compagno per mio figlio. Anzi, se mi chede aiuto io ci sono. Ma puntualmente, dopo, si scatena l’inferno. Mi insulta, mi umilia e mi minaccia costantemente di farmi sparire. Non solo, mi dice sempre che se non riuscirà a far sparire me troverà il modo di far sparire mio figlio. Lo porterà via e non lo vedrò più. Per non parlare delle botte che regolarmente prendo anche senza alcun motivo». Un vero e proprio calvario che la giovane mamma oggi, al limite di tutto, ha deciso di denunciare. «Lo faccio per dire basta alla violenza e perché — spiega — se dovessi sparire mio figlio saprebbe il perché. Se mi rivolgo alla giustizia morirò prima. La legge non riuscirà a intervenire in tempi celeri e io passerò come una mamma che ha volontariamente abbandonato il figlio mentre la realtà è ben diversa».
Ecco il racconto choc dell’ultima aggressione. «L’altro giorno la lite è iniziata perché lui mi aveva chiesto qualche giorno prima un favore di lavoro ed io puntualmente sono stata pronta ad aiutarlo — spiega la donna —. Di punto in bianco è sparito nonostante io avessi preso per lui alcuni appuntamenti importanti. Quando l’ho chiamato gli ho ribadito il fatto che mi ero prodigata e che non mi sembrava corretto non essersi presentato agli appuntamenti. Un dialogo tranquillo, con toni scherzosi e che non faceva assolutamente intendere al peggio. Lui mi ha invitato a casa sua per chiarirci. Ci sono andata. Al telefono — prosegue — era sereno, speravo fosse cambiato un po’. In fondo qualche giorno prima il bambino era rimasto a dormire da lui e mi sembrava tutto nella norma. Appena arrivata è uscito di casa, era una furia e in strada mi ha subito aggredito. Erano le 10 del mattino, in strada c’erano molte persone. Non ho avuto il tempo di parlare. Mi ha messo le mani sul collo per strangolarmi e contemporaneamente mi dava calci. Ho creduto di morire. Mi sono rannicchiata su me stessa e pregando ho aspettato che si finisse di sfogare. Tutti guardavano ma nessuno ha avuto il coraggio di intervenire».
Emanuela Addario
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