Bologna, 8 ottobre 2017 - Dopo ventuno anni torna al PalaDozza dalla prima (interna) di campionato. E la Virtus di Alessandro Ramagli, approfittando anche della debolezza degli ospiti, regala un successo netto, sul quale non ci sono dubbi fin dalle prime curve (FOTO).
C’è un bel colpo d’occhio al PalaDozza. La sconfitta di Trento (soprattutto per come è maturata, non certo per il valore dei vice campioni d’Italia) non lascia strascichi nel mondo della V nera. PalaDozza da tutto esaurito o quasi, con tante maglie nere e l’immancabile V bianca sul petto. Danno il senso di un’appartenenza e identificazione al club che, di fatto, è quello che Alberto Bucci va predicando da alcune stagioni.
E per rafforzare il concetto, sul parquet, vengono srotolate pure le canotte ritirate per sempre, con i decibel che si alzano, dalla 10 di Renato Villalta alla 4 di Roberto Brunamonti, fino alla 5 di Sasha Danilovic. C’è il presidente Alberto Bucci che rende omaggio al capitano della promozione, Andrea Michelori, con un robusto abbraccio. C’è anche Alfredo Cazzola, il presidente degli anni Novanta, che questa creatura non l’ha mai dimenticata.
C’è la BasketCity di una volta al PalaDozza, perché insieme con Claudio Crippa, oggi stimato scout dei San Antonio Spurs, ci sono Teo Alibegovic (che segue il figlio Mirza, così come Nando fa con Alessandro e Stefano Gentile) ed Emilio Kovacic. Sembra una rimpatriata di vecchi amici, sul campo, però, anche senza Stefano Gentile (a referto, ma senza nemmeno fare riscaldamento per non aggravare il problema muscolare che l’ha fermato già a Trento), è una Virtus che comincia a conoscersi e prova ad azzannare la partita.
Chi la azzanna da subito è il più giovane dei Gentile, Alessandro, che firma 7 dei primi dieci punti che danno il 10-1 con cui si presenta la Virtus. Capo d’Orlando fa fatica, per gli impegni di coppa e perché, comunque, la Virtus in difesa si sbatte. Con i “vecchi” Ndoja e Rosselli che sembrano dei giocatori di biliardo: tra carambole si trovano a meraviglia e danno alla squadra quello di cui ha bisogno.
Lawson parte di rincorsa, ma si presenta con un 3/3 dalla lunga distanza che è quasi una sentenza. Lafayette forse fatica più del dovuto, ma deve prendere i tempi di una squadra che ha cambiato le “punte”. Il baby Pajola entra in campo con personalità, senza strafare, ma facendo le cose che Ramagli vuole da un giovane. Pulizia nel gioco, ordine, precisione. La Segafredo ha solo un momento di stasi all’inizio del secondo quarto: con le triple di Atsur Capo d’Orlando rientra fino al -8, 32-24, ma è un fuoco di paglia, perché Ndoja e Rosselli ci sono. Perché Slaughter magari non si vede, ma si sente e dà sicurezze ai compagni. E il divario si allarga fino a toccare le 20 lunghezze sul 46-26 firmato proprio da Slaughter.
Nel terzo quarto Capo d’Orlando (che avrà qualcosa da ridire sullo scarso numero di liberi a favore) impiega sei minuti per trovare il primo canestro e viene addirittura doppiata sul 68-34. Tocca anche il +36 la Virtus sul 78-42, dopo è solo accademia con il baby Alessandro Pajola che ne approfitta per mettere minuti ed esperienza nelle gambe. Gambe da serie A.
Virtus Bologna 88
Capo d’Orlando 52
VIRTUS BOLOGNA: Lafayette 3, Aradori 18, Alessandro Gentile 17, Ndoja 6, Slaughter 8, Lawson 13, Pajola 5, Rosselli 6, Umeh 12, Stefano Gentile ne, Berti ne. All. Ramagli.
CAPO D’ORLANDO: Atsur 12, Edwards 5, Inglis 9, Kulboka 3, Delas, Wojciechowski 7, Ikovlev 2, Ihring 5, Alibegovic 9, Zanatta ne, Stella ne, Laganà ne. All. Di Carlo.
Arbitri: Mazzoni, Sardella, Borgioni.
Note: parziali 27-15; 48-30; 66-34. Tiro da due: Virtus Bologna 25/39; Capo d’Orlando 17/41. Tiri da tre: 7/21; 5/19. Tiri liberi: 15/23; 3/5. Rimbalzi: 38; 27.