Bologna, 26 ottobre 2015 - Quella tra la finestrella di via Piella e i cretini è un’eterna battaglia. Combattuta in silenzio. Uno dei simboli della città (che non manca di essere citato in ogni guida) è sistematicamente vittima di degrado e vandalismi. «Cosa ci trovino nel deturparla e distruggerla proprio non riesco a capirlo…», allarga le braccia Fabio Marchi, del Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale Reno, l’ente che gestisce i quasi 70 chilometri di acqua in città.
Graffiti, graffi con le chiavi, botte. La finestrella è costretta a sopportare di tutto. «Poi, a un certo punto, non la vediamo più e la ritroviamo a pezzetti, sbrindellata, nel canale delle Moline, di sotto, durante le operazioni di pulizia», spiega Marchi. L’ultima sostituzione è recentissima, prima della fine di settembre: «Andrebbe cambiata più spesso, ma al di là dei costi, appena lo facciamo, ricominciano i vandalismi».
Una versione tutta bolognese, insomma, della teoria della finestra rotta di Rudolph Giuliani, il sindaco di New York che a metà anni Novanta lanciò la linea della tolleranza zero contro il crimine, convinto che investire nella cura del bene comune desse più dividendi che le semplici azioni di repressione. La speranza è che funzioni anche in via Piella, anche se i segnali non sono proprio positivi: «L’ultima versione della finestrella aveva anche un particolare sistema anti-scardinamento: pensavamo di aver trovato una soluzione, ma dopo poche settimana hanno trovato come aggirarlo…».
Ogni ripristino costa circa 500 euro: «Il lavoro del falegname è semplice e veloce, poi c’è da aggiungere il montaggio che porta via 3-4 ore». I soldi sono di tutti, perché il Consorzio, pur essendo privato, usa fondi pubblici per la cura dei canali, provenienti dalle attività e dalle proprietà che si trovano a ridosso dei corsi d’acqua. Che, anche loro, soffrono di incuria e maleducazione: «Nei canali finisce di tutto – rivela Marchi –: immondizia, rifiuti, persino motorini smontati a pezzi e panchine». Panchine? «Ci è capitato più di una volta di trovarne nel tratto dietro la Certosa. Dev’essere stato un gruppo, perché a nessuno verrebbe l’idea di scardinare una panchina dal cemento e gettarla in acqua». E così i costi lievitano: «Sulla pulizia investiamo 30-40mila euro l’anno», conclude il direttore del Consorzio.