FU UN CONCERTO, il più affollato mai ospitato da Bologna, ideato e costruito in meno di un mese.
«La data dell’incontro del Papa con i giovani — ricorda Paolo Scotti— era il 27 settembre, in occasione del Congresso Eucaristico, e in agosto, non c’era ancora alcuna certezza sul cast. Troppi veti. Paura, forse, da parte di molti artisti, di accostare il loro nome a una rappresentazione così sacra. Ci voleva un musicista che esprimesse quella capacità universale che solo la musica ha di parlare al di là delle generazioni, del credo religiosi, dei conflitti sociali».

La beatificazione di Wojtyla riapre il ricordo della presenza di Papa Giovanni Paolo II a Bologna tanto tempo fa, il 27 settembre 1997, per il concerto al Caab di Bob Dylan. Scotti, oggi uno dei più affermati imprenditore italiani dello spettacolo, allora apprezzato autore televisivo, che per conto di Ballandi era stato scelto per creare lo spettacolo, aveva pensato a Bob Dylan, un azzardo che aveva generato qualche sorpresa tra alte autorità ecclesiastiche ed era riuscito, attraverso un comune amico inglese, ad aprire un privilegiato canale di comunicazione con la superstar. «

Ma —ricorda — il tempo passava e Dylan rinviava la sua decisione, non rispondeva alle sollecitazioni, forse lo spessore spirituale del Santo Padre, appariva anche per lui gravoso da affrontare». Poi, dopo ferragosto, arriva il fax così atteso. Il grande cantautore c’è, sarà a Bologna, per esibirsi di fronte al Papa e ad una folla stimata di 500.000 ragazzi arrivati da ogni angolo del mondo, in diretta tv.«Da quel momento —continua Scotti —tutto l’ ingranaggio produttivo funzionò nel verso giusto. Allestimmo un cast stellare, che avrebbe preceduto il live di Dylan. Da Gianni Morandi a Michael Petrucciani, da Lucio Dalla a Andrea Bocelli, sino ai giovanissimi all’epoca Samuele Bersani e Nicolò Fabi. Le istituzioni religiose, in particolare monsignor Vecchi, che mi affiancò nelle due conferenze stampa di presentazione, erano entusiaste».
 

E ARRIVÒ il giorno del concerto. «La sera prima —dice Scotti (nel tondo) —Dylan decise di fare le provare generali, pretendendo che l’enorme spazio del Caab fosse interamente svuotato, concedendo solo a sette persone, tra le quali monsignor Vecchi, il suo segretario don Giancarlo e io, il privilegio di assistere. Furono 40 minuti di prove, solo noi e lui. Dylan, gentilissimo, alla fine ci invitò a salire sul palco e ci chiese se la scaletta che aveva pensato andava bene. Il giorno dopo, quando alla fine della sua esibizione, Dylan salì sul palco a baciare la mano a Wojtyla in tanti non riuscimmo a trattenere le lacrime».