SIMONE ARMINIO
Economia

Pasvens, ecco l'azienda che portò in Italia le lavatrici a gettoni

Premio Mascagni. Alessandro Pasini: "Il futuro del self-service? Le macchine condominiali" Segui il nostro speciale

Alessandro Pasini della Pasvens

Bologna, 12 aprile 2016 - La Pasvens (video), azienda leader nella commercializzazione, distribuzione e gestione delle lavatrici e le asciugatrici industriali, nasce nel 1988 da una chiacchiera da bar. Richard Stevens, studente americano, 24 anni, incontra Alessandro Pasini, gestore di una sala giochi di famiglia, 25 anni, e gli propone di esportare pasta negli Usa.

Pasini, lei cosa rispose?

«Rilanciai: e se aprissimo una catena di lavanderie self-service?».

Non è proprio la stessa cosa.

«Beh, in Italia non ce n’erano».

Se non ce n’erano, magari non se ne sentiva il bisogno.

«O magari nessuno ci aveva ancora pensato. Così andammo negli Usa, studiammo il mercato, incontrammo i produttori di lavatrici industriali, e al ritorno facemmo il primo tentativo in via Irnerio, angolo via Mascarella».

Come andò?

«Fu un successo immediato. Quella lavanderia, quasi 30 anni dopo, pur non essendo più nostra, è ancora lì».

La chiave del successo?

«Un business plan ben studiato in tutte le sue fasi. Primo livello: puntare agli studenti universitari».

Secondo livello?

«Allargarsi alle famiglie. Qualche anno dopo, infatti, aprimmo in via Toscana, in piena zona residenziale».

Fu più complicato?

«Sì, nessun exploit, ma una crescita lenta ma costante nel tempo. Anche quella lavanderia è ancora lì».

Terzo livello: l’Italia.

«Infatti nacque il franchising Lava&Lava, che arrivò a 20 negozi. Dopodiché prendemmo la decisione più difficile».

Raddoppiare?

«No, lasciare. Avevamo capito che a funzionare era la formula del self service, non il nostro marchio. Così vendemmo tutto e ci concentrammo sui servizi e la commercializzazione di lavatrici e asciugatori. Nel futuro, però, ci sono le lavanderie condominiali».

Perché mai condividere una lavatrice con i vicini, scusi?

«Per poter lavare tappeti e capi molto grandi, per fare un unico lavaggio, per non dover aspettare che tutto si asciughi, per non stirare. Nel nord Europa e negli Usa è già un successo».

Ma gli italiani sono diversi.

«Lo diciamo sempre. Infatti non credevamo nei fast food, nelle Birkenstock, nelle lavanderie a gettone...».

Dice che ci sovrastimiamo?

«Più che altro ci crediamo peculiari, senza considerare che, in un mercato globale, tutto prima o poi arriva dappertutto. Su questa convinzione lavoriamo da quasi 30 anni. Ma mi creda: non abbiamo inventato nulla. Ci abbiamo solo creduto prima di altri».

Cos’altro vi contraddistingue?

«Crediamo nella serietà. Perché saldare a 90 giorni quando si può farlo subito? Poi però pretendiamo che il cliente faccia lo stesso. Perché dire ‘arrivo tra un’ora’ se sai già che non ci riuscirai? Noi siamo sinceri, a costo di sembrare scortesi. Ma la sincerità paga».

Cosa fa, vuol cambiare l’Italia?

«Sono solo convinto che, se tutti ci comportassimo con più serietà, gran parte dei problemi svanirebbero. E che una cultura diffusa, altro non sia che la somma dei comportamenti dei singoli. Così ho deciso di fare la mia parte».