REDAZIONE BOLOGNA

Mafia e droga: sequestrati un forno e un ristorante in città

Il valore dei beni ammonta ad oltre un milione e mezzo di euro. Nel mirino “I sapori della Taranta” in via San Donato e “Lu furnu te la taranta“ FOTO

'I sapori della taranta' in via San Donato (Foto Schicchi)

'I sapori della taranta' in via San Donato (Foto Schicchi)

Bologna, 16 luglio 2015 - Mafia e droga. Con soldi passati dallo spaccio ai negozi di specialità alimentari. Per questo la Direzione Investigativa Antimafia di Bologna e la Squadra Mobile della Questura hanno sequestrato beni per oltre un milione e mezzo di euro, nell’ambito di una indagine sul traffico di stupefacenti. Al centro dell’attività di spaccio, secondo gli inquirenti, c’erano due uomini di 45 anni residenti a Bologna: Giuseppe Indovino, leccese, già noto alle forze dell’ordine; e Luigi D’Ercole, originario della città di Monza. In esecuzione del provvedimento del Gip Mirko Margiocco, oltre a diversi rapporti finanziari accesi in 21 banche, è stato sequestrato l’intero compendio aziendale di due società, con sede a Bologna: ‘I Sapori della Taranta Srl Unipersonale' (FOTO) e ‘Lu furnu te la taranta di Chiriatti Marco e C. Sas’, un ristorante in via San Donato e un forno, specializzati in prodotti tipici pugliesi.

Sequestrato anche un immobile di proprietà di D’Ercole. Sono in corso inoltre varie perquisizioni in case e attività commerciali riconducibili ai due indagati, disposte dai Pm Francesco Caleca e Domenico Ambrosino. Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia e della squadra Mobile hanno svolto accertamenti patrimoniali mirati, anche nei confronti di familiari e conviventi dei due, per documentare una netta sproporzione tra il patrimonio reale e quanto dichiarato. Il Gip ha accolto l’ipotesi investigativa, confermando che Indovino, oltre ad aver impiegato i proventi illeciti per costituire ‘I Sapori della Tarantà (tra l’altro costituita mentre era in carcere) e il forno, avrebbe interposto nelle attività altre persone fidate e prive di precedenti, per salvaguardare e mettere al sicuro i propri investimenti. Per D’Ercole, oltre alla sproporzione tra redditi disponibili e ricchezza accumulata, è stato documentato il reimpiego di capitali illeciti, con ogni probabilità in parte frutto del traffico di sostanze stupefacenti. Il Gip ha nominato un amministratore giudiziario per garantire la continuità delle attività commerciali cautelate.