Bologna, 26 ottobre 2015 – Lui ci ha provato. Ma finora, trascorsi quattro anni e mezzo dallo scoppio dello scandalo, Ciro Rinaldi ha passato più guai degli assenteisti che aveva denunciato, fra procedimenti disciplinari, querele temerarie e lo sprezzo dei colleghi. Nove di loro, fra i 29 inizialmente imputati dalla Procura, verranno giudicati in primo grado il 2 dicembre per truffa ai danni dello Stato, ma nel 2016 tutto sarà sepolto dalla prescrizione.
Lei scoperchiò il pentolone dei furbetti in un ufficio periferico del ministero dello Sviluppo economico. Come è andata a finire?
«Aspettiamo la sentenza. Il pm ha chiesto condanne da otto a dieci mesi per otto imputati e l’assoluzione per uno».
E gli altri venti per cui fu chiesto il rinvio a giudizio?
«Il Gip li ha prosciolti perché l’ammontare della truffa documentata nei 40 giorni di controlli era inferiore a 80 euro».
Giusto o sbagliato?
«Ho già preso un ‘cazziatone’ per avere criticato la sentenza. Voi giornalisti avete scritto che i furbetti dell’amministrazione se l’erano cavata...».
Quindi?
«Ci sono persone che vengono condannate per avere rubato una vaschetta di prosciutto al supermercato, che costa molto meno di 80 euro».
Lei lavora sempre là?
«Sì, lavoro sempre al ministero dello Sviluppo economico come funzionario tecnico».
E che aria tira?
«Io vengo visto come quello che ha denunciato i colleghi per cui non mi saluta nessuno, tranne quello che lavora con me e che non è mai stato neanche indagato. Il dirigente poi nel frattempo è cambiato e con quello nuovo ho un buon rapporto».
Col precedente un po’ meno.
«Me l’ha fatta pagare. Mi ha denunciato alla Procura per i chilometri fatti a proposito delle ispezioni postali e il pm poi ha chiesto l’archiviazione perché dalle indagini è risultato tutto regolare. Nella sua richiesta il magistrato ha scritto che non si poteva sottacere che la denuncia era figlia dell’altra situazione. Nonostante questo proscioglimento, sono stato convocato a Roma davanti alla commissione disciplinare. Ho portato la sentenza e sono stati costretti ad archiviare».
E gli indagati?
«Sono rimasti tutti là in ufficio. Due nel frattempo sono stati promossi perché altri due sono andati in pensione. Io dipendo ancora da due persone che sono sotto processo».
Ma chi glielo ha fatto fare?
«Io rifarei tutto, però capisco chi si pone dei problemi a denunciare. Una collega che ha testimoniato in questa indagine è stata costretta a cambiare ministero. Ci vuole coraggio, ma nel mio caso la definirei più incoscienza. Lo rifarei per la mia etica, però è dura».