di Cesare Sughi

Bologna, 28 febbraio 2012 - «Per noi giovani intellettuali, nel primo dopoguerra c'erano due librerie, la Zanichelli e la Cappelli. Erano i nostri punti d'incontro in centro». Ezio Raimondi, l'88enne grande decano degli italianisti - che ha appena pubblicato dal Mulino il volumetto Le voci dei libri - guarda all'imminente chiusura (30 giugno) della Zanichelli sul filo della memoria ma anche con un vivido occhio sul presente.

«Mi chiedo, per esempio», osserva il professore, «come mai a Bologna non sia mai nata una libreria veramente universitaria, come quelle che si trovano nei campus americani. Sarebbe stato un elemento di forte identità per il nostro ateneo. Eppure la nostra è una città che si riconosce anche nelle sue librerie».

Già, ma adesso, con la storica bottega di Piazza Galvani acquisita da Nicola Zanichelli nel 1866 e passata alla gestione della Feltrinelli nel 1990, come la mettiamo? «Nel tempo - spiega Raimondi - la Zanichelli si affermava sempre di più, mentre la Cappelli declinava. I luoghi sono animati dalle persone. La Cappelli ha avuto un commesso indimenticabile come Corrado, alla Zanichelli arrivò a un certo punto dalla Svizzera una signora, Barbara, che ne divenne il fulcro».

E qui viene fuori un aneddoto che dice come funzioni una libreria che voglia essere davvero una casa dei libri e dei lettori. «Alla Zanichelli - ricorda Raimondi - io ordinavo sempre più libri dei soldi che avevo. Me li mettevano da parte, al piano di sopra, ma c'era chi andava a spiare, immaginando che io facessi letture speciali. Spesso me ne sottraevano qualcuno».

Difficile indicare un futuro. «Non amo - confessa Raimondi - le librerie con inclusi bar e ristorante, e penso che il vero libraio sia quello che sa essere utile a chi cerca materiali per i suoi studi. Se si verifica questa condizione, la libreria diventa anche una sorta di biblioteca i cui frequentatori si conoscono e si danno appuntamenti». E poi arriva la definizione che disegna, quasi in sordina, il domani del negozio: «La Zanichelli era il contrario dei non luoghi». Una dura eredità per chi subentrerà, qualunque sia il suo settore commerciale.