Bologna, 26 novembre 2016 - Ha trascorso 40 lunghissimi giorni in carcere ma quella che è stata trovata nella sua abitazione non era ketamina, ma farina di riso. A rilevarlo è stato il ‘narcotest’ al momento dell’arresto. Un semplice prodotto per maschere al viso della moglie è costato tanto al marocchino 54enne difeso dal penalista Savino Lupo e solo le analisi tecniche sollecitate dalla difesa, hanno portato alla sua liberazione.
Lo straniero era stato arrestato dalla polizia il 14 ottobre per detenzione di droga e resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, dopo un controllo in via della Beverara. Nella fuga si era liberato di circa 5 grammi di cocaina: visti i suoi precedenti si era proceduto a una perquisizione in casa, dove erano stati sequestrati un frammento di hascisc e quasi due etti di polvere bianca, tra una tazzina in cucina e un barattolo in bagno. Il test fatto in questura con i reagenti chimici aveva dato una positività alla ketamina per la polvere, oltre che all’eroina, 0,8 grammi che l’uomo aveva in un taschino. Sulla base del quadro indiziario emerso, la Procura aveva chiesto con successo al Gip convalida dell’arresto e carcere.
E l’indagato, forse per timore di conseguenze per la moglie, ha detto di aver ricevuta la polvere da un connazionale, tornato in patria. La svolta, alla fine della scorsa settimana, quando si è affidato all’avvocato Lupo: dopo aver parlato con i familiari del marocchino, che negavano potesse possedere ketamina, ha nominato come consulente di parte la tossicologa Elia Del Borrello. La specialista, dopo aver analizzato i campioni sequestrati, ha spiegato in un parere tecnico che si trattava di una sostanza organica che non contiene ketamina; alla stessa conclusione nel frattempo sono arrivate anche le analisi della Scientifica. Il Gip, a quel punto, ha accolto l’istanza per la scarcerazione avanzata dall’avvocato Lupo; il Pm aveva chiesto i domiciliari.
Anche per l’eroina, il narcotest è stato smentito. "Non è mia intenzione far polemiche - ha commentato il penalista - ma questa vicenda deve suscitare una riflessione doverosa: non è la prima volta che mi trovo di fronte a false positività nei narcotest, che evidentemente vengono fatti con strumentazioni non adeguate. In casi come questi occorrerebbe sempre far fare un accertamento tecnico più approfondito, che tuttavia richiede tempo e denaro, ma che alla luce anche di questo episodio appare essere più idoneo, nell’interesse di tutti".