Alla fine a rallentare sarà la Città 30. A mettere il freno a mano alla rivoluzione della mobilità voluta dal sindaco Pd di Bologna Matteo Lepore, è il ministero dei Trasporti che ha ultimato la famosa direttiva che, di fatto, affossa i nuovi limiti di velocità. Il prossimo passo, spiega il Mit, sarà un confronto istituzionale. Il vicempremier e ministro leghista Matteo Salvini, fa sapere il Mit, "è orgoglioso di aver voluto il nuovo Codice della strada dopo decenni di attesa e ha, quindi, chiarito che va trovato un equilibrio affinché non ci siano provvedimenti poco efficaci o addirittura dannosi".
In soldoni: la Città 30 di Bologna non s’ha da fare. Stando alla direttiva, un Comune può abbassare i limiti di velocità rispetto ai 50 ma "solo a determinate condizioni". In pratica, "il limite non può essere generalizzato", ma va fissato in prossimità di luoghi sensibili. In particolare, la direttiva chiarisce ai Comuni che intendono fissare deroghe al limite dei 50 chilometri orari nei centri urbani, sia in alto (fino ai 70 km/h) sia in basso, "che possono essere previste solo in tratti di strada con frequenza di ingressi e uscite carrabili da fabbriche, stabilimenti, asili, scuole, parchi gioco e simili". Limiti superiori, invece, si possono fissare "nelle strade di scorrimento o in tratti dotati di semafori coordinati da ’onda verde’".
Insomma, la direttiva auspica le zone 30 in certe strade ’sensibili’, ma chiude, invece, al modello bolognese di estenderla a quasi tutta la città visto che "qualsiasi cambiamento di questo tipo risulterebbe di per sé arbitrario, in quanto non consentirebbe di valutare attentamente la pluralità di interessi connessi alla circolazione stradale".
Il ministro, però, dopo giorni di braccio di ferro in un contesto – Bologna – animato da petizioni pro e contro, raccolta firme per un referendum e migliaia di ’no’ dei lettori in risposta al sondaggio del ’Carlino’, tende la mano. Dicendosi pronto "a un incontro con gli altri ministeri interessati e con gli enti locali, valutando positivamente le aperture al dialogo arrivate dai sindaci". Lo stesso Lepore, in mattinata, aveva parlato della direttiva come "di un’occasione di confronto", salvo poi difendere a ’Porta a Porta’ il provvedimento, a fronte degli attacchi tv del viceministro leghista Edoardo Rixi e, in collegamento, delle associazioni di categoria, dagli Ncc agli agenti di commercio: "La scelta delle strade (a 30) è stata fatta in maniera oculata. A Bologna non c’è il caos, ma grandissima tranquillità. Non abbiamo fatto migliaia di multe, ma venti in dieci giorni". Per Lepore, Salvini "è poco informato: abbiamo il 70% delle strade a 30, ma non significa tutto il territorio urbano".
Insomma, dettaglia il primo cittadino, "la scelta delle strade è stata fatta sulla base delle linee guida del ministero in base ai dati dell’incidentalità, alle scuole e ai punti sensibili". Resta il fatto che, arrivata la direttiva, i Comuni dovranno recepirla, adeguandosi. Bologna, certo. Ma anche Olbia e Treviso (amministrate dal centrodestra). E se i Comuni tireranno dritto? A quel punto le ordinanze comunali rischieranno di perdere di efficacia. Quindi, se anche il sindaco Lepore e i suoi colleghi si arroccheranno sui 30, basterà impugnare la multa per aver superato i 30 (36, considerati i 5 chilometri di tolleranza) per vincere la causa. Sullo sfondo, già si prefigura il ricorso al Tar contro la direttiva del governo. Il Codacons ha alzato la mano.