Bologna, 29 maggio 2014 - Un’epidemia. Cento casi di morbillo, o giù di lì, in pochi mesi a Bologna: nelle ultime settimane la media è di un contagio e mezzo al giorno. Solo che a essere colpiti dal virus che porta febbre alta e macchie rosate sulla pelle sono i grandi e non i piccini.
Un nemico sottovalutato (sempre più persone scelgono di non vaccinarsi o di non vaccinare i propri figli) che però, soprattutto in età adulta, può portare molto facilmente a complicazioni anche pesanti. Le Due Torri sono da alcune settimane sotto l’occhio dei massimi esperti, anche internazionali, di malattie infettive e sanità pubblica. La particolarità è che il virus, oltre ad aver colpito una ventina di bambini, ha aggredito anche alcuni medici del policlinico Sant’Orsola-Malpighi e svariati studenti universitari (la maggior parte della facoltà di Medicina).
Il contagio è diventato quasi ingestibile. Gli esperti di igiene stanno cercando di verificare chi è entrato in contatto con le persone affette dal morbillo per ricostruire, a ritroso, il percorso dell’eventuale contagio: la maggior parte degli infetti ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni e nella stragrande maggioranza dei casi o non è vaccinata, o si è sottoposta a un solo ciclo invece dei due consigliati.
Gli esperti cercano quindi di parlare con i possibili contagiati (le persone che sono state a più stretto contatto con i malati) e suggeriscono, in queste ore, la vaccinazione anti-morbillo. Non è escluso che a breve venga anche chiesto all’Università di contattare gli studenti di determinati corsi, considerati a rischio. L’epidemia di morbillo, comunque, interessa da diversi mesi anche i bimbi (nonostante si sia ‘concentrata’ sugli adulti nelle ultime settimane): «Inizialmente si presentano la febbre alta e il raffreddore, poi dopo alcuni giorni compaiono le eruzioni cutanee — spiega il professor Filippo Bernardi, direttore del pronto soccorso pediatrico del Sant’Orsola —. Spesso i sintomi non vengono subito riconosciuti e così aumenta la possibilità di contagio».
Diverse mamme hanno preso il morbillo e l’hanno passato ai bambini (in un caso è stato colpito anche un bebè): «Questo accade perché ci sono diversi giovani che in passato hanno fatto una sola vaccinazione e non il richiamo — continua Bernardi —. In questo modo sono più esposti all’infezione. Ci sono poi famiglie che hanno sempre più attenzione (in senso negativo, ndr) verso la vaccinazione e dunque molte persone sono esposte».
Non bisogna insomma abbassare la guardia, suggerisce Bernardi: «Tutte le malattie hanno un momento di epidemia, questo è di sicuro molto complicato — spiega il professore —. La malattia non va sottovalutata perché può comportare anche complicazioni a distanza di anni. Ora è importante cercare le concause che hanno fatto esplodere il problema». Proprio per questo il laboratorio di Microbiologia del Sant’Orsola e la Sanità pubblica dell’Ausl sono incessantemente al lavoro.
Valerio Baroncini
© Riproduzione riservata