Bologna, 26 marzo 2014 - Le aziende americane – una su tutte la Philip Morris – hanno scelto Bologna per la qualità delle risorse umane e per la capacità dell’innovazione, ciò nonostante le leggi, le tasse e la burocrazia italiane. È quanto emerso ieri pomeriggio in un incontro organizzato nella sede di Alma Graduate School da Confindustria Emilia-Romagna e l’American chamber of commerce in Italy.
Presenti il presidente della commissione internazionlizzazione di Confindustria, Gino Cocchi, il Console generale degli Usa a Firenze, Sarah Craddock Morrison e il responsabile Sprint-Er, Ruben Sacerdoti. Dai dati presentati, infatti, l’Italia risulta il fanalino di coda degli investimenti americani in Europa, ma la situazione cambia se si considera l’Emilia-Romagna. In regione, infatti, l’interscambio con gli Usa è aumentato del 61% per ciò che riguarda l’export e del +13,9% per l’import.
Negli Usa, spiegano gli americani, sono presenti marchi tutti bolognesi come La Perla, Ima, Datalogic, Furla e Carpigiani, per citarne alcuni, mentre sotto le Due Torri gli americani sono arrivati con la Penske Automotive, che ha avviato una joint venture con Vanti group, la Valspar che ha acquistato la Inver vernici e la Philip Morris, che a Crespellano ha appena avviato il suo più grande investimento europeo. A parlarne, ieri, è stato Eugenio Sidoli, presidente di Philip Morris Italia.
Che alla platea ha spiegato: "Bologna per noi è l’ambiente migliore per lanciare una nuova sfida. Per questo abbiamo deciso di investirci 500 milioni: una cifra che ricadrà per il 75% sull’economia bolognese". Poi ci saranno i "600 nuovi addetti e soprattutto ci sarà la realizzazione di un nuovo prodotto che sarà votato per larga parte all’esportazione fuori dall’Italia".
Sì, ma perché proprio qui? "Anni fa abbiamo acquistato la Intertaba, forte anche di un indotto che vede a pochi chilometri i nostri fornitori mondiali di macchine automatiche e della presenza di una fonte di eccellenza scientifica come la vostra università". Ed eccolo il nuovo prodotto. Sidoli lo mostra per la prima volta in foto: "Non è una sigaretta elettronica – avverte -, ma uno stick da applicare a una normale sigaretta". Per il suo tramite, il tabacco "potrà essere inalato senza che intervenga la combustione, e perciò generando il 90% di sostanze tossiche in meno".
s.arm.
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