Bologna, 26 febbraio 2014 - Un figlio poco più che maggiorenne ‘rubato’ e il sospetto, divenuto quasi certezza, che in quella comunità ci fosse molto di più di quello che si voleva raccontare. Sono gli elementi che hanno portato un papà e una mamma bolognesi a scoperchiare il ‘vaso di Pandora’ rappresentato dalla comunità toscana ‘Il Forteto’. È stato il loro esposto, affidato ai carabinieri della stazione di San Benedetto Val di Sambro il 10 settembre 2009, a far partire l’indagine che ha portato a processo, assieme al ‘guru’ Rodolfo Fiesoli, altre 22 persone, accusate a vario titolo di maltrattamenti (anche su minori) perpetrati all’interno della casa famiglia del Mugello.
La vicenda parte nel 2007 quando A. P., all’epoca dei fatti ventenne, inizia a frequentare don Stefano Benuzzi, conosciuto attraverso un vicino di casa che, dopo aver lasciato la famiglia, aveva vissuto per un anno assieme al sacerdote e altre due ragazze nella parrocchia di Villanova di Castenaso. In quel periodo il parroco frequenta assiduamente il Forteto e, nei weekend, porta con sé anche A. P. "Spesso — come testimoniano i genitori del ragazzo ai carabinieri — i responsabili del Forteto ricambiano le visite in orari notturni" sia a Castenaso che nell’abitazione dell’amico di don Stefano.
Arriva l’estate e il ventenne, non ammesso agli esami di maturità, decide di andare a lavorare proprio nella comunità del Mugello per un mese. «Il pomeriggio del 21 giugno 2007 io, mia moglie e sua sorella accompagniamo A. al Forteto dove conosciamo Rodolfo Fiesoli che si presenta come responsabile della comunità e dimostra di conoscere molti dettagli personali della nostra famiglia, in particolare di A., da lui definito ‘uomo di ghiaccio’», mettono agli atti i genitori. Un mese in cui il ragazzo mantiene il proposito di non avere contatti con i familiari. Papà e mamma, però, hanno voglia di rivederlo e gli chiedono un incontro.
Intanto, si documentano sul Forteto e quello che scoprono li atterrisce: «Su internet ci imbattiamo nella sentenza ‘Scozzari - Giunta contro Italia’ del 2000 dove i responsabili del Forteto sono portati in giudizio dalla Corte europea dei diritti dell’uomo dalla madre di due bambini ospitati nel centro». I due bolognesi scoprono anche che Fiesoli, assieme al socio Luigi Goffredi, originario di Porretta, è stato rinviato a giudizio per maltrattamenti sui minori ospitati nella comunità, pedofilia e zoofilia. Riescono a incontrare il figlio ad agosto, non senza difficoltà, e il ragazzo spiega loro che vuol rimanere ancora un po’ al Forteto. Insistono perché torni a casa: è tutto inutile. Su tutto, a insospettire ancora di più i genitori del ventenne, c’è una chiamata anonima arrivata da un telefono fisso di Bologna che li avverte di stare attenti perché il ragazzo viene «manipolato e irretito dal Fiesoli». E, da quel momento in poi, gli incontri tra A. e la famiglia si fanno sempre più rari e complicati. Il giovane si nega anche agli amici e, le poche volte che torna a casa, non si presenta quasi mai solo.
Tra l’altro insiste, in più di un’occasione, affinché i genitori acconsentano ad affidargli, per qualche tempo, la sorella minore: al rifiuto, si arriva alla rottura, con A. che, su tutte le furie, aggredisce verbalmente i genitori. Interrompe i rapporti con loro, con i fratelli, i nonni e gli amici. A questo punto la famiglia decide di presentare l’esposto. E quel che resta è cronaca di questi giorni.
Nicoletta Tempera
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