Bologna, 4 novembre 2012 - LA BRIGATA aeromobile Friuli (Bologna e Forlì) parte in questi giorni per il Libano dove sarà impegnata nell’operazione Leonte 13 a sud del Libano. Il comandante della Brigata, generale Antonio Bettelli, assumerà la responsabilità del Settore Ovest di Unifil (United Nation Interim Force in Lebanon). La Friuli arriva in Libano in un momento di tensione mentre si avvertono i contraccolpi del conflitto siriano. Il recente attentato a Beirut, dove ha perso la vita il capo dei servizi segreti, apre una fase molto delicata.
Il livello di allarme sale anche per voi?
«Capirò sul campo qual è lo stato di allerta. Ritengo che saranno adottate nuove misure di sicurezza. Durante la preparazione della Brigata abbiano contemplato diversi livelli di attenzione fino allo scenario più impegnativo».
Cosa cambia nello schieramento sul teatro dopo l’attentato?
«Le misure di autoprotezione sono rafforzate soprattutto nel controllo delle installazioni, ma anche nei movimenti degli uomini secondo un approccio procedurale già stabilito a priori».
La preparazione degli uomini?
«Li abbiamo istruiti soprattutto sotto il profilo tecnico militare. Abbiamo per esempio a disposizione alcuni elicotteri e i nostri uomini sono addestrati a chiedere anche interventi sanitari in casi di urgenze».
E sotto il profilo del rapporto con la popolazione?
«Abbiamo preparato ufficiali e sottufficiali nell’approccio con l’ambiente sociale e per scopi umanitari. Per il resto seguiamo il mandato delle Nazioni Unite».
Quanti uomini della Friuli sono sul campo?
«Un migliaio, compresi elementi di altre unità dell’esercito che lavorano con noi. Ci sono il Genio Pontieri da Piacenza, il Reparto trasmissioni di Bolzano, un reparto del Reggimento cavalleria Piemonte di Villa Opicina, la componente logistica che si occupa dei trasporti del 6°Reggimento di manovra di Pisa».
Guiderà altri contingenti?
«Sì, di altre otto nazioni fra cui Corea del Sud, Ghana, Brunei, Slovenia, Malesia, in totale 3 mila uomini».
Lei è stato a Beirut come addetto militare. Crede che il conflitto siriano possa uscire dai confini?
«In quell’area è quasi inevitabile, il rischio è alto. Qualsiasi avvenimeno che accade in Siria ha contraccolpi in Libano. Non sono contenitori stagni, ma Paesi che vivono in simbiosi. Ma le previsioni in Libano sono sempre azzardate».
Beppe Boni
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