Bologna, 1 novembre 2012 - UNA BANALE distorsione alla caviglia finita nel più tragico dei modi, con la morte di un paziente di soli 56 anni. E ora, dopo la denuncia della moglie dell’uomo, il medico di famiglia ha ricevuto un avviso di garanzia dal pm Massimiliano Rossi con l’accusa di omicidio colposo e dovrà dare molte spiegazioni.
Il decesso di Eugenio Flaviano, libero professionista, risale al febbraio scorso, ma l’avviso di garanzia al camice bianco è stato inviato dalla Procura nei giorni scorsi. Il sospetto è che la terapia a base di eparina sia stata somministrata in dosi insufficienti e che per questo sia sopraggiunta una fatale tromboembolia. «Non si può morire per una distorsione alla caviglia — si sfoga la moglie di Flaviano, Concetta Cosentino —, mio marito prima della caduta stava benissimo. Era un uomo grande e grosso, forte. Ora non c’è più e io chiedo giustizia, affinché tragedie come la sua non capitino mai più».
LA VICENDA inizia l’11 gennaio scorso, quando Flaviano inciampa per strada in un tombino sporgente, cade e si fa male alla caviglia destra. Sulle prime non dà peso alla cosa, ma il giorno dopo, visto il perdurare del dolore, va con la moglie al Rizzoli. Dopo i raggi viene diagnosticata una distorsione e, in prima battuta, i medici vorrebbero applicare un ‘cartone’, poi però decidono di ingessare la caviglia e parte del piede. La prognosi è di 30 giorni e, come sempre in questi casi, viene prescritto un farmaco anticoagulante. In questo caso è particolarmente importante, visto che Flaviano è robusto, 115 chili per 1,85. Il gesso crea però fin da subito disagio al paziente che, una volta a casa, avverte prurito e fastidio.
IL 27 GENNAIO è fissata la prima visita di controllo al Rizzoli, ma che non avviene poiché, secondo l’esposto presentato dalla famiglia tramite l’avvocato Domenico Morace, Flaviano non viene visto da un medico ma solo da due infermiere. Dopo la ‘non visita’, il paziente paga pure 32 euro di ticket. Nei giorni seguenti la situazione peggiora: oltre al prurito, arrivano un senso di freddo alle dita del piede, dolore toracico, fatica a respirare, dolore alla gamba. Nella notte fra il 3 e 4 febbraio Flaviano chiama la guardia medica che (via telefono) consiglia un antifiammatorio. La mattina successiva, sabato 4, l’uomo ha colpi di caldo e tossisce sangue. Sono i giorni del ‘nevone’ e lunedì, cioè il 6, Flaviano chiama il medico di famiglia. Gli descrive i sintomi e il medico, che lo segue da tempo, gli prescrive via telefono tachipirina e gli fissa una visita per 4 giorni dopo, cioè giovedì 9.
QUANDO arriva in ambulatorio, giovedì, Flaviano è in condizioni critiche. Aspetta un’ora prima di essere visitato, poi il medico, vista la situazione, lo manda al pronto soccorso del Sant’Orsola, senza accompagnarlo né chiamare l’ambulanza. Il paziente entra al policlinico alle 17 e gli assegnano un codice giallo. Alle 19 lo visitano. Ma è troppo tardi. Poco dopo le 20, muore per una tromboembolia polmonare. Secondo il perito della famiglia, l’iniziale terapia a base di eparina fu insufficiente e il mancato intervento immediato del medico di famiglia, quando fu contattato lunedì 6 febbraio, ha fatto il resto.
di Gilberto Dondi
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