Bologna, 11 gennaio 2012 - «Svolge l’attività di meretrice da? Guadagno medio giornaliero? Compenso medio prestazione?». Sono alcune delle domande contenute in un questionario che, dallo scorso settembre, viene somministrato dai carabinieri alle lucciole che si prostituiscono in città. Il documento, formalmente un’annotazione di servizio, deve contenere tutti gli estremi identificativi della prostituta controllata, oltre a una serie di dati riguardanti l’attività svolta sul marciapiede e il domicilio delle ragazze.
«E’ un fatto molto grave», secondo Carla Corso, storica presidente del Comitato per i diritti civili della Prostitute Onlus. «Terribile e allarmante», secondo Pia Covre, segretaria della stessa associazione, perché l’attività in questione «è in pieno contrasto con la legge Merlin, che vieta la schedatura delle ragazze, e questa è una vera e propria schedatura». L’articolo 7 della citata e controversa legge recita testualmente: «Le autorità di pubblica sicurezza, le autorità sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta o indiretta di registrazione, neanche mediante rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, né obbligarle a presentarsi periodicamente ai loro uffici».
Il comando provinciale dei carabinieri assicura che «tutto è fatto nel rispetto della legge» e che i dati raccolti sulla strada «verranno trasmessi all’Agenzia delle Entrate che potrà fare le verifiche di competenza dal punto di vista degli adempimenti fiscali». Insomma, tra le principali motivazioni, secondo l’Arma, c’è quella di far pagare le tasse alle lucciole.
La pratica, però, desta parecchie perplessità anche all’interno del corpo, dove c’è chi pensa che il formulario sia al limite della legalità. Il prestampato, che tecnicamente è un’annotazone di servizio, oltre agli estremi dell’identità personale, luogo e ora del controllo, contiene infatti una serie di domande applicabili solo al mestiere più antico del mondo. Alle ragazze viene chiesto, ad esempio, della ‘presenza di sfruttatori’.
L’ultimo scivoloso paragrafo riguarda gli ‘accertamenti domiciliari’, ovvero la raccolta dati nell’abitazione delle prostitute, una pratica che per chi la subisce somiglia a una vera e propria perquisizione, pur essendo formalmente su base volontaria. «Secondo noi il questionario è un abuso — afferma Pia Covre —. Questa non è un’intervista per un’indagine sociologica, che sarebbe anonima, ma un interrogatorio di polizia in stato di fermo momentaneo. Invitiamo le ragazze a sottrarsi a queste domande, limitandosi a esibire i documenti e farsi identificare. Per ogni chiarimento e assistenza si rivolgano pure a noi, al numero 848 800017».
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