Bologna, 22 gennaio 2011 - I CARABINIERI che indagano sull’attacco alla sede operativa di Unindustria in via Serlio stanno passando al setaccio episodi e circostanze degli ultimi mesi che possano presentare analogie con l’incendio che l’altra notte ha distrutto due auto di servizio nel cortile dell’edificio. L’analisi dovrà dare indicazioni agli investigatori sulla possibilità che la stessa mano abbia già colpito con le medesime modalità altri obiettivi e su chi avesse eventualmente interesse a turbare relazioni industriali che, rispetto al resto del Paese, volgono al dialogo piuttosto che alla rottura. Da ottobre in avanti, nel raggio di poche centinaia di metri, sono stati appiccati altri incendi dolosi, a un ripetitore per cellulari in via della Torretta e al ristorante Roadhouse Grill in via Stalingrado: entrambi gli episodi sono stati rivendicati con riferimenti ai tre attivisti anarchici arrestati lo scorso aprile in Svizzera.
UN ALTRO fatto che viene preso in considerazione dagli investigatori è la manifestazione che lo scorso 9 dicembre si tenne proprio presso la sede di via Serlio, dove un gruppo di cassintegrati della Fini Compressori aderenti ai sindacati di base riversò frattaglie di animali per protestare contro l’annuncio di 26 esuberi, definito «un vero sacrificio umano». Risposte decisive sono attese dagli esami scientifici sui reperti: nelle mani dei carabinieri della compagnia Bologna Centro e del Reparto operativo c’è infatti una bottiglietta di plastica contenente liquido infiammabile con un pezzo di stoffa, ritrovata intatta sotto la terza auto che doveva essere distrutta dal fuoco. Le telecamere di sicurezza della sede non hanno fornito immagini degli autori del rogo. Si tratta infatti di un sistema che non registra ma che consente solo la visione contestuale da parte di un operatore, non presente però al momento del raid. L’inchiesta per danneggiamento seguito da incendio è stata affidata al pm Luca Tampieri.
I CARABINIERI giovedì hanno sentito il presidente degli industriali Maurizio Marchesini, chiedendogli anche di chiarire l’uso del termine ‘attentato’ nel comunicato sull’accaduto. Marchesini avrebbe spiegato agli inquirenti che tale valutazione non parte da precedenti minacce, mai arrivate a Unindustria né al suo presidente, ma dal generale contesto di dialettica sociale del momento. E’ stato inoltre affidato al Ris l’esame sulla scritta trovata su un muretto posteriore del cortile, a pochi metri dal punto del rogo: ‘Lotta dura, No al ricatto’, con la N rovesciata. La frase, che inizialmente aveva fatto pensare a una connessione evidente con la vicenda Mirafiori, a un sommario esame appare sbiadita e quindi precedente al rogo, anche se nessuno ricorda di averla vista prima. Tale aspetto dovrà essere appurato da una perizia sull’intonaco. Ieri, mentre Marchesini era al lavoro nel suo ufficio, i carabinieri hanno compiuto un nuovo sopralluogo in via Serlio: è stata presa in considerazione la possibilità che i piromani siano entrati dalla recinzione sul retro dell’edificio, che confina con una proprietà privata ed è costituita da una rete in cui è piuttosto facile aprire un varco.
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