ANCORA oggi, quando il silenzio sacrale avvolge la chiesa del Santo Sepolcro, possiamo essere colti dall’emozione di sentirci fatalmente attratti dal suggestivo suono dell’acqua proveniente dalla sorgente posta sotto la grata visibile sul lato destro dell’edicola. L’acqua e il suo dolce mormorio hanno attraversato la storia di questi luoghi, arricchendo di mistero l’intreccio di strutture di origine certa o ignota che si prospettano all’aprirsi di via di Santo Stefano davanti al complesso stefaniano. Simbologie e culti ancestrali si sono fusi nello spirito cristiano dei primi secoli, unendosi in questa “cittadella” di fede, come se fosse stata creata da una sola arcana ispirazione.
POTREMMO quindi iniziare il nostro percorso da questa sorgente e dalla lapide marmorea di epoca romana riportante l’epigrafe Dominae Isidi Victrici, ora murata nel lato sinistro della chiesa di San Giovanni Battista. Il ritrovamento della lastra, avvenuto alla fine del XIII secolo a pochi metri di distanza dall’attuale complesso, in prossimità del palazzo Amorini-Bolognini, può indurci a supporre che un tempo (I sec. d.C.), nell’area stefaniana, subito fuori le mura della città romana verso oriente, potesse essere presente un tempio o ninfeo dedicato alla dea egizia Iside, voluto, come ci suggerisce la lapide stessa, da Marco Calpurnio Tirone, anche a nome e con parte del patrimonio della sua liberta Sestilia Omulla, la quale nel testamento incaricò per l’esecuzione delle sue volontà Aniceto, suo liberto. Il titolo epigrafico dedicatorio per i suoi caratteri apparterrebbe al tardo I secolo dell’Impero.
All’interno della chiesa del Santo Sepolcro si è subito attratti dalla presenza di sette colonne in marmo cipollino che circondano l’area del sepolcro. Dal II secolo d.C. non sono mai state spostate dal luogo in cui oggi possiamo ammirarle. Esiste un’attinenza tra queste colonne e il tempio dedicato alla dea Iside? E quale la funzione dell’acqua che vi sgorgava? E cosa centra quindi Stefano?
IN MERITO all’ubicazione dell’Iseo bolognese, numerosi sono gli studi che dalla seconda metà del ‘600 fino ai giorni nostri sono stati dedicati alla questione della sua presenza nell’area dell’attuale chiesa di Santo Stefano o della piazza (via) ad essa antistante. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che in questa zona esistesse un santuario dedicato a Iside, ma, a proposito della sua esatta collocazione e dell’appartenenza ad esso di diversi elementi architettonici ritrovati nell’area stefaniana, la discussione è ancora aperta. Ciò a causa delle incertezze sulle modalità di recupero dei reperti che ci permettono di avere solo generiche e sommarie indicazioni.
Tra gli studiosi che sostengono l’esistenza di un Iseo in tale area, alcuni avanzano l’ipotesi che le colonne di marmo della chiesa del S. Sepolcro ne ornassero il peristilio: il tempio sarebbe stato infatti edificato in tempi antichi e ristrutturato ai tempi di Augusto o forse anche più tardi. Altri negano completamente che l’edificio dodecagono appartenesse all’Iseo.
Di certo il complesso di Santo Stefano si contraddistingue per alcuni resti architettonici che hanno ulteriormente contribuito a creare quell’alone di mistero e di esotismo che indusse i monaci stefaniani ad utilizzare l’aggettivo “misteriosa” per definire la chiesa. Addentriamoci ora in questo “mistero”.
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