Bologna, 8 marzo 2016 - Qqualcuno la definirebbe ‘integrazione al contrario’: l’italiano che impara l’arabo e non viceversa. Accade a Molinella, nella Bassa bolognese: alla scuola elementare non si studia solo l’inglese, ma anche la lingua araba per «garantire una migliore integrazione linguistica e culturale agli alunni residenti nel territorio, avvicinando costumi, linguaggi e tradizioni», si legge nella circolare d’istituto. Le lezioni sono già iniziate e su settanta iscritti una ventina sono italiani. Non solo piccini, anche ragazzi delle medie e delle superiori.
«Tra qualche mese magari i bambini si saluteranno anche in arabo davanti scuola», sottolinea il presidente della comunità siriana, Nabil Al Mureden, promotore del progetto che verrà esteso anche in altri Comuni.
Il preside Pasquale Mirone in accordo con il consiglio d’istituto ha accettato la proposta di una scuola di lingua araba il cui obiettivo è quello di «promuovere l’integrazione» e di «favorire lo sudio di una cultura che anche anticamente è stata importante e che oggi è protagonista dell’economia mondiale».
Le lezioni di arabo, a Molinella, si tenevano già nei luoghi di preghiera, ma nessuno ci andava: «Volevamo promuovere una nostra scuola fuori dalle moschee, tenere fuori la religione. Se la scuola non ci avesse dato spazio in orario extrascolastico, avremmo chiesto al Comune di darci un luogo – chiude Al Mureden –. Non solo Molinella, ma anche altri territori aderiranno al nostro progetto. Vedrà, l’arabo verrà insegnato in tutta la provincia di Bologna».
Proprio sui luoghi di preghiera araba ci sono state polemiche nei giorni scorsi. L’arcivescovo Zuppi a sorpresa si è dichiarato favorevole a una moschea a Bologna, causando un aspro dibattito.
Il titolo dell’iniziativa di Molinella è «Alla scoperta della lingua araba a chilometri zero» e Al Mureden – medico, ex primario in pensione di un ospedale italiano – tiene a precisare che non è un corso obbligatorio: «Non abbiamo costretto nessuno a iscriversi. Le 70 adesioni ottenute sono un successo e ci fanno ben sperare. Le nostre maestre hanno i titoli di studio necessari e so che i ragazzi si stanno divertendo molto».