Ascoli Piceno, 16 giugno 2011 - Ha revocato la delega all’avvocato che le era stato assegnato d’ufficio la soldatessa L. T., 25 anni, in forza alla caserma di Ascoli Piceno, dove svolge l’attività di istruttore il marito di Melania Rea, Salvatore Parolisi.

L.T. è stata arrestata due giorni fa perché accusata di favoreggiamento di latitanti, in particolare il capozona del clan dei Casalesi Emilio Di Caterino, ora collaboratore di giustizia, che si era rifugiato a Terni per sfuggire alla cattura.

L’avvocato Giuseppe Guadagno, dunque, non è più il difensore della donna, la quale, questo pomeriggio, ha nominato un avvocato del foro di Napoli.

Intanto, si sono svolti gli interrogatori degli undici arrestati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere effettuati dal gip sammaritano Cettina Scognamiglio. Secondo quanto si è appreso, la donna non ha risposto al gip e si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Ha chiesto, invece, di rendere spontanee dichiarazioni relativamente alle esigenze cautelari. Nello specifico, ha spiegato di essere apprezzata nell'esercito e che il lavoro la impegna assiduamente: Dunque, non ritiene giusta la detenzione (è detenuta nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere).

Pertanto, nei prossimi giorni il suo legale presenterà istanza di scarcerazione al Riesame. Non risultano ancora contatti tra la Dda di Napoli e la Procura di Ascoli Piceno, che indaga sull’omicidio di Melania Rea. I magistrati marchigiani intendono verificare se la soldatessa arrestata conoscesse Salvatore Parolisi.

La 25enne è accusata di aver fornito vitto e alloggio al killer Emilio Di Caterino nel 2008, quando era ancora latitante. Identica imputazione per la sua amica, F.M, anch'essa arrestata. Inoltre, il malavitoso avrebbe messo in pratica diverse spedizioni punitive a sfondo passionale, ordite da L.T. e da sua madre, a sua volta indagata.

Il 2 luglio 2008  ne avrebbe organizzata una contro un suo ex: Giuseppe Madonia. Sarebbero stati Giovanni Mola, fidanzato del momento, e l'altro affiliato al clan, Paolo Gargiulo (che finirà in manette con Setola nel covo di Mignano Montelungo) gli autori materiali del pestaggio avvenuto vicino al cimitero di Giugliano (Napoli), dove la donna aveva dato alla vittima un appuntamento-trappola. Un'azione che rimase impunita, poiché la soldatessa, accompagnata dalla madre, sarebbe andata a trovare il boss latitante Emilio Di Caterino, ottenendo che quest'ultimo si spendesse con gli amici del giovane picchiato per farli recedere da propositi vendicativi in nome dell'alleanza con i Casalesi.

Dopo circa tre settimane, il 25 luglio, anche Mola cade in disgrazia, reo di non volerle restituire l'auto da due giorni. Anche in questo caso scatta la rappreseglia, per la quale ancora una volta viene contattato Di Caterino, raggiunto nel nuovo covo grazie all'amica F. M..