Ascoli Piceno, 3 maggio 2011 - LE INDAGINI sulla morte di Carmela Rea sono ad un punto di svolta. E la pista più attendibile sembra essere quella di un delitto passionale. Forse la gelosia di una donna nei confronti di un’altra donna: tra di loro il marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi. Sullo sfondo le soldatesse e l’ambiente militare del 235° Reggimento Piceno.

Tutto tace tra Procura e comando dei carabinieri, ma c’è fermento: i testimoni vanno e vengono e gli interrogatori proseguono a ritmo serrato. Ieri è stato ascoltato ancora una volta Alfredo Ranelli, titolare del chiosco del pianoro, ritenuto ora un teste chiave: l’uomo aveva dichiarato di aver visto, il 18 aprile intorno alle 15, Salvatore e la figlioletta giocare sulle altalene. Non era riuscito a dire con certezza, però, se con loro ci fosse anche Carmela.

E oggi quell’incertezza sembra essere il cardine su cui ruota l’indagine: il sospetto degli inquirenti è che Carmela a San Marco non sia mai arrivata? Se così fosse la già lacunosa versione dei fatti fornita da Parolisi troverebbe una nuova e pesantissima smentita. Il caporalmaggiore dell’esercito è attualmente a Frattamaggiore, ma a breve dovrà tornare ad Ascoli per essere ascoltato ancora una volta: ieri, intanto, una soldatessa leccese è stata chiamata a testimoniare e i carabinieri sono arrivati anche alla caserma di Chieti, per acquisire nuove informazioni e sentire altri colleghi di Salvatore. Elementi che si sommano ai primi risultati degli esami effettuati dai Ris.

TRA QUESTI, spunta un coltellino trovato tra i boschi vicino al pianoro da un volontario della Protezione civile. Un coltellino che non sembrerebbe l’arma del delitto. Come, allo stesso tempo, la siringa infilzata sotto il seno di Carmela non risulterebbe interessante ai fini delle indagini. I due dna (di un uomo e di una donna) isolati sulla siringa, che contiene eroina, potrebbero appartenere a due dei tanti tossicodipendenti che frequentano la zona.